giovedì 21 ottobre 2010

Newsletter - n. 52

Care amiche, cari amici
tra poco più di due mesi comincerà l’anno 2011, in cui cadrà il 150° anniversario della nascita dello Stato italiano (1861-2011).

Abbiamo già potuto ascoltare diverse pre-commemorazioni da parte dei vertici istituzionali dello Stato, se andate in libreria trovate vetrine e banchi dedicati all’avvenimento e spesso i giornali dedicano pagine all’evento che si profila. Probabilmente ci stancheremo presto di questa musica “politicamente corretta”. D’altra parte in Italia viviamo e anche questa è un’occasione per riflettere su “chi siamo” e per ricercare un’identità nazionale che tanto servirebbe al nostro Paese.
E’ vero infatti che l’identità nasce intorno a principi e avvenimenti che si “vivono” nella realtà e grazie ai quali si può avviare una riflessione che a sua volta può aiutare il sorgere del senso di appartenenza attorno a un comune sentire. Da questo punto di vista sono stati molto significativi i funerali dei nostri soldati caduti a Nasiriyya nel 2003, celebrati dal card. Ruini di fronte alle massime autorità civili e militari e a una folla straordinaria commossa e partecipe. Purtroppo la stessa cosa non è avvenuta in occasione della recente morte dei quattro alpini assassinati da gruppi talebani in Afghanistan, forse perché la nostra classe dirigente era distratta da altre, e certamente meno nobili e importanti, vicende. Ma è anche vero, che una riflessione attorno a un evento storico può aiutare a ricordare, a distinguere il bene e il male, a riconoscere i problemi della nostra storia nazionale.

Alleanza Cattolica farà la sua parte, che è quella di indicare quali sono le radici d’Italia, chi le ha difese e chi ha tentato di reciderle. Sabato 12 febbraio 2011 a Roma si svolgerà un importante convegno nazionale, del quale darò al più presto le principali indicazioni.
Oggi intanto abbiamo a disposizione un nuovo libro di Francesco Pappalardo su uno dei personaggi più significativi del Risorgimento, Giuseppe Garibaldi, e sul ruolo avuto nel processo di unificazione del Paese. Un libro importante, che raccomando a tutti, ma specialmente a insegnanti, a parroci e animatori di centri culturali, a responsabili culturali di partiti e movimenti politici, perché può aiutare ad affrontare uno dei nodi principali della nostra storia: perché fare di Garibaldi un mito? Perché si è voluto mettere al centro dell’identità nazionale un uomo con queste caratteristiche?
La sua biografia sembra fatta per dividere: un cattolico onesto, che voglia amare la sua patria, rispettare le autorità attuali, non può però identificarsi con chi reclamava nel suo testamento di rifiutare ogni conforto religioso in punto di morte: «[…] trovandomi in piena ragione oggi, non voglio accettare in nessun tempo, il ministero odioso, disprezzevole e scellerato d’un prete che considero atroce nemico del genere umano e dell’Italia in particolare».

Marco Invernizzi

Il libro di Francesco Pappalardo, Il mito di Garibaldi. Una religione civile per una nuova Italia, pref. di Alfredo Mantovano, Sugarco, € 18,50, lo potete richiedere a info@libreriasangiorgio.it (è anche possibile organizzare presentazioni del libro).

martedì 14 settembre 2010

Newsletter - n. 51

La storia è “una marcia in più”.
Fra l’11 settembre e il viaggio del Papa in Gran Bretagna

«Voi avete, come si usa dire, “una marcia in più”. Sì, la memoria storica è veramente una “marcia in più” nella vita, perché senza memoria non c’è futuro. Una volta si diceva che la storia è maestra di vita! La cultura consumistica attuale tende invece ad appiattire l’uomo sul presente, a fargli perdere il senso del passato, della storia; ma così facendo lo priva anche della capacità di comprendere se stesso, di percepire i problemi, e di costruire il domani. Quindi, cari giovani e care giovani, voglio dirvi: il cristiano è uno che ha buona memoria, che ama la storia e cerca di conoscerla» Benedetto XVI, incontro con i giovani a Sulmona, 4 luglio 2010).

Il Papa ha rivolto queste parole ai giovani di Sulmona la scorsa estate, riprendendo un tema che gli è caro, quello relativo all’importanza di conoscere la storia, per non dimenticare le proprie radici, per non esporsi al rischio della manipolazione ideologica.
Queste parole capitano a cavallo di due avvenimenti importanti: la rievocazione di quanto accaduto l’11 settembre 2001 con l’attacco terroristico alle Torri Gemelle e l’imminente viaggio pastorale del Pontefice in Gran Bretagna per la beatificazione del card. John Henry Newman (1801-1890), il grande apologeta convertito dall’anglicanesimo nel secolo XIX.
Quanto è accaduto l’11 settembre del 2001 rimarrà nei libri di storia a indicare un evento simbolo di un cambiamento epocale, l’inizio di una nuova guerra fra il terrorismo internazionale (questa volta d’ispirazione fondamentalista) e l’Occidente, dopo la fine della Guerra fredda (1946-1989) e la caduta del Muro di Berlino (1989). La storia non è finita con la caduta del sistema sovietico e la fine della capacità di seduzione della più insidiosa e organizzata delle ideologie, appunto il comunismo, ma è cominciata una nuova epoca, quella che stiamo attraversando, segnata dalla malattia della civiltà occidentale e dalla sfida dei fondamentalismi, soprattutto dell’islamismo, una sfida culturale che a volte assume anche i caratteri della violenza e del terrorismo, come dimostrano la lunga serie di attentati sia nella lotta all’interno del mondo islamico sia dentro il mondo occidentale, come appunto l’11 settembre, come a Madrid (11 marzo 2004) e a Londra (7 luglio 2005), per citare i più carichi di lutti. La malattia dell’Occidente è il laicismo, ossia la perdita di consapevolezza e di amore per le proprie radici cristiane. (Su questo punto è illuminante la recensione di Omar Ebrahime al libro di Lee Harris, La civiltà e i suoi nemici. Il prossimo passo della storia, Rubbettino 2009, sul sito www.identitanazionale.it).

Il laicismo ha provocato la separazione in Europa della società e degli Stati dalla Chiesa cattolica e in generale dalla religione cristiana, lungo i due secoli ideologici dalla Rivoluzione francese alla caduta del Muro di Berlino (1789-1989). Il laicismo è sopravvissuto alla fine delle ideologie e continua a contrassegnare il nostro mondo, attraverso quella “dittatura del relativismo” indicata dal card. Ratzinger poco prima di diventare Benedetto XVI, nel 2005. Il relativismo porta gli intellettuali dell’Occidente a ritenere la civiltà occidentale come l’unica responsabile dei mali del mondo. Ma questo non è vero. L’Occidente non ha portato nel mondo soltanto ombre, soprattutto quando è stato capace di rimanere fedele alle sue radici cristiane.
L’Occidente è stato una civiltà cristiana, ma non coincide con la Chiesa. Tuttavia, l’attacco all’Occidente coinvolge la Chiesa, che ne è l’anima, così come l’attacco alla Chiesa, e al Papa che ne è il segno più evidente, colpisce anche l’Occidente nella misura in cui lo allontana dalla sua origine.
I cristiani d’Occidente devono re-imparare a volersi bene, ad amare la propria storia. Per questo dobbiamo seguire il Pontefice nelle sue frequenti raccomandazioni a studiare la storia, non solo quella che comincia col 1789, ma anche e soprattutto quella precedente, che ci informa sulla nostra identità ed è la premessa per tornare ad amare la nostra tradizione, anche civile.
Come avviene per tutte le cose umane, anche la nostra storia ha conosciuto luci e ombre. Bene ha fatto Giovanni Paolo II a chiedere di perdonare i cattolici, nostri antenati, che hanno sbagliato. Ma non dimentichiamo il bene compiuto, la grande civiltà del passato espressa da monumenti, opere d’arte, da un modo di pensare e di vivere che per secoli ha illuminato il mondo. E soprattutto diventiamo orgogliosi della santità di tanti, sacerdoti e religiosi, laici di entrambi i sessi, che hanno reso più bella l’umanità con la loro vita esemplare.

In questa prospettiva, il viaggio in Inghilterra di Benedetto XVI potrebbe aiutare i cristiani a ritrovare fiducia in loro stessi ricucendo la ferita rappresentata dalla separazione con il mondo anglicano, che data ormai dal XVI secolo. Una ferita che frena la strada dell’ecumenismo verso la riunificazione di tutti i cristiani nell’unica Chiesa di Cristo, e che perciò scandalizza il mondo e rende più difficile la nuova evangelizzazione. Ecco perché giovedì 23 settembre Alleanza Cattolica organizzerà a Milano nella propria sede un incontro per illustrare la figura del card. Newman e per rilanciare la parole del Santo Padre.

Milano, 12 settembre 2010
Festa del Nome SS di Maria

Marco Invernizzi

mercoledì 9 giugno 2010

Newsletter - n. 50

Care amiche, cari amici
nel prossimo anno si svolgeranno molte iniziative per la celebrazione del 150° anniversario dell’unità d’Italia (1861-2011).
Il tema è molto importante perché offre la possibilità di riflettere su che “cosa è l’Italia” e su “chi sono gli italiani”, cioè di favorire un esame di coscienza collettivo circa l’identità della nostra nazione. Ricordo anche che nel 1861 non nasce l’Italia, che esisteva almeno da un millennio, ma lo Stato nazionale, cioè un nuovo vestito per un corpo antico.
Una riflessione di questo tipo non è mai senza conseguenze, perché un popolo vive e cresce soprattutto attraverso la percezione che ha di se stesso. Questa percezione si forma soprattutto attraverso una riflessione sul proprio passato, sulla risposta che viene data alle grandi domande relative alla propria storia nazionale. So che molti diranno che oggi pochissimi sono interessati ad avere una qualsiasi interpretazione della propria storia nazionale, ma forse proprio questo è uno degli aspetti più gravi del problema. Infatti, un popolo che non conosce il proprio passato, che non sente il desiderio di riconoscersi in una identità culturale, assomiglia a un uomo che non conosce i propri genitori, i propri nonni, insomma una persona senza radici, una persona essenzialmente debole. Un popolo così è facilmente manipolabile.

Vi sono due aspetti che mi piace mettere in luce subito a proposito di questa importante ricorrenza e che costituiranno il motivo di fondo dell’attenzione che Alleanza Cattolica dedicherà a questo anniversario.
I due aspetti sono l’Unità e il Risorgimento.
L’unità politica è l’esito di quel processo politico iniziato con l’occupazione dell’Italia da parte delle truppe francesi dal 1792 fino alla definitiva sconfitta di Napoleone nel 1815, ripreso attraverso i moti rivoluzionari del 1848, culminato nella proclamazione del Regno d’Italia nel 1861 e che si compirà con l’invasione di Roma da parte dell’esercito italiano nel 1870 attraverso la Breccia di Porta Pia.
Oggi abbiamo alle spalle 150 anni di storia unitaria, raggiunta attraverso strappi e violenze, ma un altro strappo e nuove violenze servirebbero soltanto a esasperare le ferite. L’Unità va mantenuta.
Il Risorgimento è un’altra cosa. Esso è il modo in cui questa unificazione è avvenuta, cioè riguarda le finalità ideologiche e le modalità politiche e militari con cui l’Italia è diventata uno Stato nazionale. Se l’unità è una realtà che sarebbe “ideologico” e imprudente disprezzare, sul Risorgimento bisogna dare un giudizio. Esso ha provocato alcune ferite profonde nel corpo sociale e queste ferite vanno conosciute, giudicate, per poter essere medicate e accettate.
Il Risorgimento ha provocato almeno tre ferite che hanno determinato a loro volta tre questioni, ancora aperte: la “questione cattolica”, la “questione federalista”, la “questione meridionale”. La prima è avvenuta in seguito al fatto che dopo il 1848 chi ha voluto unificare l’Italia lo ha fatto consapevolmente contro le sue radici cristiane. La seconda ferita riguarda la forma dello Stato, essendo stato scelto un modello centralista invece di un abito federalista, così palesemente più adatto alle caratteristiche dell’Italia preunitaria. La terza questione nasce dal fatto che fra il 1860 e il 1870 c’è stata in Meridione una guerra civile che ha provocato circa 10mila morti, in seguito all’occupazione dell’esercito italiano.
Queste tre ferite hanno continuato a sanguinare, in modi diversi, nei 150 anni trascorsi, e soprattutto sono state affrontate con preclusioni ideologiche, anche se qualcosa è certamente migliorato negli ultimi vent’anni, dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989.

Ma non volevo scrivervi di questo, bensì raccomandarvi un Quaderno del Timone appunto sul tema Il Risorgimento, appena uscito, scritto da Francesco Pappalardo, un caro amico direttore dell’Istituto per la dottrina e l’informazione sociale (IDIS), oltre che autore di diverse e importanti opere storiche. Si tratta di una preziosa introduzione al tema, leggibile da chiunque eppure profonda.
Potete richiederla alla libreria san Giorgio (info@libreriasangiorgio.it), costa solo 6 €.

Marco Invernizzi

venerdì 14 maggio 2010

Newsletter - n. 49

Care amiche, cari amici,
il 21 e il 22 maggio Joseph Nicolosi sarà in Italia per un convegno promosso da diverse associazioni, fra cui Alleanza Cattolica. La presenza nel nostro Paese del medico americano che da decenni pratica con successo la “terapia riparativa” nei confronti di uomini che sentono pulsioni omosessuali indesiderate sta suscitando reazioni profondamente negative. I suoi interventi e i suoi libri (tradotti in italiano da Sugarco e che possono essere richiesti a info@libreriasangiorgio.it), tuttavia, hanno suscitato tante speranze e risolto molte situazioni esistenziali.
La “terapia riparativa” pone tre problemi diversi eppure collegati. Cercherò di affrontarli in modo comprensibile a tutti, utilizzando un linguaggio il più semplice possibile.

1.
Il primo problema riguarda l’esistenza di una natura umana sessuata. Gli uomini nascono maschi o femmine e il loro orientamento sessuale è naturalmente orientato verso l’altro sesso? E coloro che provano un orientamento sessuale verso il proprio sesso devono questa condizione a traumi o a problemi legati all’educazione familiare, che possono essere affrontati e risolti appunto da una terapia riparativa, come spiega proprio Nicolosi facendo riferimento ai tanti casi affrontati nel corso della sua professione?
E’ fuori di dubbio che esista oggi nel mondo occidentale un violento attacco ideologico contro l’ultima differenza, quella fra il maschio e la femmina, in nome del rifiuto dell’esistenza di una natura data, che l’uomo trova e deve rispettare se vuole sviluppare la propria umanità. Ed è anche indubbio che chiunque si opponga e denunci questo attacco, venga accusato di omofobia, cioè di essere nemico della libertà di scegliere qualsiasi cosa per sé e per il proprio orientamento sessuale. Accade così una cosa singolare: tutti devono avere il diritto di proporre come normale qualsiasi orientamento sessuale (gay, lesbiche, bisessuali o transessuali) perché desiderato da qualcuno, ma questo stesso diritto viene negato a chi invece sostiene che esista una natura sessuata, cioè che si nasce maschi o femmine. Così, in pratica, viene contestato il diritto di proporre l’esistenza di una verità sulla persona, scritta nel cuore dell’uomo da chi lo ha creato, e riscontrabile nella natura. Senza Dio tutto è possibile, scriveva Fëdor Michajlovič Dostoevskij.

2.
Il secondo problema riguarda appunto la libertà. Coloro che provano pulsioni omosessuali indesiderate hanno il diritto di chiedere (in particolare agli psicoterapeuti) di essere aiutati a recuperare una eterosessualità che desiderano, senza essere costretti a diventare gay, lesbiche, bisessuali o transessuali, cioè senza diventare militanti di una causa che non vogliono servire? Non è che l’astio, la violenza con cui questo diritto viene osteggiato nell’ambiente degli psicologi e dei psicoterapeuti, e anche dei medici in generale, sia l’espressione di un rifiuto ideologico dell’esistenza di una realtà, la natura sessuata della persona, che non vogliono accettare e accogliere?

3.
Di conseguenza esiste un problema terapeutico, cioè del diritto a una terapia richiesta. Perché coloro che provano desideri omosessuali devono poter essere aiutati a esternare questa loro condizione (coming out, si chiama) e non possono essere aiutati a superare una condizione che non desiderano?
Si pone così un grave problema di libertà, da parte del singolo che richiede la terapia riparativa e da parte dello psicoterapeuta che intende esercitarla. Per quale motivo Nicolosi e chi come lui intende continuare sulla strada della terapia riparativa diventa oggetto di odio e di contestazione senza confronto?

Io credo che il convegno con Nicolosi del 21 e 22 maggio possa essere l’occasione per affrontare e superare dubbi, incertezze e fraintendimenti a proposito della terapia riparativa. Purché le proposte di Nicolosi vengano ascoltate e accolte senza pregiudizi ideologici.

Marco Invernizzi

giovedì 15 aprile 2010

Newsletter - n. 48

Il Papa e la natura dell’uomo

Care amiche, cari amici,
tra sabato sera e domenica pomeriggio (11.12 aprile) su Canale 5 (Tv di centro-destra?) sono andati in onda rispettivamente un’intervista a un uomo “incinto” (si dice così?) con tanto di compagna/o a fianco, già genitori di altri due figli, e una lunga intervista all’on. Paola Concia, già presidente dell’Arcilesbica, parlamentare del Partito democratico, che per oltre mezz’ora ha raccontato la sua iniziazione omosessuale e la sua decisione di convolare a nozze con la sua nuova compagna tedesca (in Germania, perché nell’Italia reazionaria guidata dal capo del governo e della Tv alla quale era stata invitata non si può ancora). La cosa ancora più sorprendente era che le due interviste erano precedute o seguite da altri personaggi miracolati da padre Pio, ad attrici particolarmente affascinanti, il tutto mischiato in una totale confusione che lasciava sconcertato il povero telespettatore. E la cosa che mi ha colpito anche di più era l’impegno delle giornaliste intervistatrici nel presentare come “normale” tutto quanto “passava” sullo schermo, saltando con noncuranza dal parto maschile alla santità e al miracolo, all’omosessualità ritenuta come condizione normale.

Questa probabilmente è l’essenza del relativismo, ossia l’assenza di giudizio, di distinzione fra vero e falso, bene e male, l’equiparazione indistinta di ogni cosa. E l’impossibilità, se non a prezzo dell’isolamento, di giudicare negativamente questa situazione, di affermare che non tutto è opinabile, modificabile, equiparabile.
Ma perché questa considerazione?
Perché credo che l’aggressione mediatica a cui la Chiesa è attualmente sottoposta (il Papa e la figura del sacerdote in particolare) rischi di confondere anche noi che crediamo di esserne immuni, perché tutto viene confuso e ogni giorno viene aperto un nuovo fronte che impedisce di approfondire e comprendere quello precedente, aggiungendo incertezza ad incertezza. Del resto, non è necessario accendere una Tv per provare questa sensazione, ma una cosa simile avviene quando si entra in una libreria (anche cattolica) e si vedono centinaia di titoli uno accanto all’altro, a prescindere dall’impostazione dell’autore: tutto e il contrario di tutto.
Nei giorni scorsi abbiamo assistito all’evocazione di questioni di enorme portata storica e dottrinale, poste una accanto all’altra come se si trattasse di vicende risolvibili con qualche battuta: la questione ebraica, quella omosessuale, quella relativa alla pedofilia. Il sottofondo ideologico a questi continui approcci giornalistici è che se non ci fosse la Chiesa con la sua intransigente pretesa di ritenere che esista una sola natura umana, il mondo sarebbe più sereno perché non scoppierebbero inutili conflitti. Se poi la Chiesa non fosse così esagerata nelle sue pretese in materia sessuale (e questo traspare anche da autori cattolici come Alberto Melloni sul “Corriere della Sera” del 14 aprile), l’umanità sarebbe indubbiamente più felice.

Allora, forse, vale la pena di chiudere i giornali e spegnere le Tv per un attimo e pensare alla posta in gioco dietro questo frastornante e continuo clamore mediatico. Anche se tutto passa attraverso la ricerca del sensazionale per vendere più copie e ottenere un aumento degli ascolti, sono due gli obiettivi: il Papa come custode e garante della Chiesa, e l’esistenza di una natura umana che implichi un giudizio negativo di ogni pretesa di fare apparire come normale ciò che è contrario alla natura dell’uomo. Perché se non c’è una natura non esiste neppure un progetto divino, ma allora non c’è neppure una meta finale di felicità nella prospettiva esistenziale dell’uomo e non c’è un Dio che accompagni e accolga la stessa esistenza umana. E se è così il Papa, ogni Papa non solo Benedetto XVI, è un ostinato e convinto capo di qualcosa, la Chiesa, che non ha motivo di esistere.

Marco Invernizzi

domenica 11 aprile 2010

Newsletter - n. 47

La perdita di una classe dirigente

Care amiche, cari amici,
la moglie di un mio carissimo amico è polacca. Mi è venuto spontaneo telefonarle dopo la tragedia che ha privato il suo Paese di una parte cospicua della classe dirigente. Stava piangendo e la cosa mi ha aiutato a comprendere ancora meglio il particolare legame esistente fra i polacchi e la loro nazione, in particolare con quella classe dirigente scomparsa sabato scorso.
Non sono sicuro che si sia compreso adeguatamente quanto accaduto, per questo lo riassumo. Un aereo polacco è precipitato sul suolo russo dove stava atterrando per commemorare il 70° anniversario dell’assassinio nella foresta di Katyn da parte sovietica di un’altra classe dirigente composta da circa 22mila fra ufficiali e militari polacchi. Sono morti il Capo dello Stato Lech Kaczynski con la moglie Maria, il Capo di Stato maggiore, i vertici dell’esercito, della marina, dell’aereonautica, il governatore della Banca centrale polacca, 13 ministri del governo, diversi deputati, il candidato conservatore alle prossime elezioni presidenziali, il vescovo cappellano dell’esercito e altre figure storiche della resistenza polacca contro il comunismo durante la seconda guerra mondiale e durante l’epopea di Solidarnosc. Il gemello del Presidente non era sull’aereo soltanto perché era rimasto in ospedale accanto alla madre malata.
L’amica polacca mi ha riassunto così: “c’era tutta la destra polacca su quell’aereo”. Ed è vero, se pensiamo che il partito del Presidente e del suo gemello Jaroslaw, “Legge e Giustizia”, era nato come costola di destra del sindacato Solidarnosc che mandò in crisi il regime comunista polacco negli anni Ottanta del secolo scorso, e Lech Kaczynski era stato uno dei principali consiglieri quando Lech Walesa divenne Presidente della Repubblica nel 1990. Un partito conservatore, rispettoso delle tradizioni cristiane della Polonia.

Vi sono nella storia popoli-vittime, come quelle anime che sembrano incaricate dal piano di Dio di immolarsi con le loro sofferenze per la salvezza del mondo e degli uomini. Me ne vengono in mente alcuni, come il popolo vietnamita e quello cambogiano, o coloro che oggi continuano a vivere nel gulag della Corea del nord, popoli colpiti da tragedie naturali oltre a quelle provocate dalle ideologie. Ma la storia del popolo polacco la conosciamo meglio, per la vicinanza geografica, per la storia comune. La tragedia di oggi è avvenuta nel 70° anniversario del massacro di Katyn, per cinquant’anni negato dall’Urss e attribuito alla Germania nazionalsocialista, dopo che, finalmente, il leader russo Putin aveva accettato di sancire pubblicamente la riconciliazione fra i due popoli attraverso il riconoscimento della “verità su Katyn”. In quei mesi la Polonia era scomparsa, cancellata dagli eserciti nazionalsocialista a ovest e da quello sovietico a est, come già altre volte era accaduto nella sua storia. E a Katyn cominciarono quarant’anni di oppressione e di umiliazione, perché anche nella Polonia comunista tutti conoscevano la “verità su Katyn”, ma nessuno poteva permettersi di dirlo pubblicamente.

E’ difficile comprendere qualcosa del mistero della storia, delle scelte con cui il Signore guida i popoli, castigandoli e aiutandoli, lasciando così tanta libertà al male e alla menzogna. Non posso non chiedermi perché questo popolo venga trattato così vent’anni dopo aver salvato l’Europa dal comunismo, quando nel 1920 l’esercito polacco guidato dal maresciallo Jósef Pilsudski (1867-1935, la cui tomba in Polonia è sempre cosparsa da fiori freschi) fermò l’Armata Rossa davanti a Varsavia (“il Miracolo della Vistola”). Ma poi mi viene in mente la festa della Misericordia che celebriamo oggi, nella prima domenica dopo la Pasqua, grazie a santa Faustina Kowalska (1905-1938), la suora sepolta a Cracovia, la città dove il futuro papa Giovanni Paolo II (che la canonizzerà nel 2000, la prima santa del nuovo millennio) aveva imparato a conoscerla e a pregarla. Mi viene in mente perché il Papa “polacco” e la suora “polacca” hanno insegnato al mondo come appunto la Misericordia sia la misteriosa risposta scelta da Dio da opporre al male, a quel male che negli anni Trenta del secolo scorso in Europa e in Polonia aveva il volto delle ideologie che la avrebbero presto annientata.
E allora forse possiamo intuire e balbettare qualcosa, tremando al pensiero di quale possa essere il prezzo che un popolo debba pagare per potere dare all’umanità quella santità che sola può salvare dal male.

Marco Invernizzi
Festa della Divina Misericordia 2010

giovedì 4 marzo 2010

Newsletter - n. 46

Care amiche, cari amici,
quanto avvenuto a Torino in occasione delle elezioni regionali può essere considerato un modello di impegno politico dei cattolici alla luce dei principi non negoziabili.
Un candidato alla Presidenza della Regione, Roberto Cota, ha infatti sottoscritto un “Patto per la vita e la famiglia” (www . alleanzapercota . org) fondato su sei punti relativi ai principi non negoziabili e ha accettato quattro garanti, espressione di diverse associazioni e movimenti del laicato cattolico, che vigileranno sul rispetto degli impegni sottoscritti in caso di vittoria elettorale.
Ma perché è tanto importante quanto accaduto? Per il metodo anzitutto, che può essere indicato come esemplare per altre situazioni analoghe e perché tipico della nostra epoca, post-ideologica e segnata dal relativismo.

Proviamo ad andare con ordine.
Vi è stato un tempo, l’epoca della cristianità, in cui la fede impregnava la vita pubblica e la legge positiva si ispirava completamente al diritto naturale. I conflitti non mancavano, ma non erano di natura ideologica, se non quando era la stessa fede a venire minacciata, dall’esterno (soprattutto l’islam) o dall’interno (le diverse eresie).
Poi cominciò l’epoca delle ideologie (1789-1989) e nacquero i movimenti cattolici e i partiti d’ispirazione cristiana che si ispiravano, o avrebbero dovuto ispirarsi, alla dottrina sociale della Chiesa, con lo scopo di difendere e possibilmente riconquistare una presenza pubblica del cattolicesimo organizzato. Fu l’epoca del confronto, dello scontro e della persecuzione, dove il movimento cattolico doveva opporre una organizzazione e una strategia forte e organizzata ad altre “famiglie ideologiche” altrettanto forti e organizzate.
Con l’abbattimento del Muro di Berlino comincia una nuova stagione, segnata dal relativismo e dal pensiero debole, con l’assenza di soggetti politici visibili e organizzati. Il Magistero della Chiesa invita così ad una presenza pubblica del mondo cattolico orientata a rivendicare la garanzia del rispetto di alcuni principi fondamentali, sintesi della dottrina sociale della Chiesa. Sono i “principi non negoziabili” indicati dalla Nota dottrinale della Congregazione per la dottrina della fede del 24 novembre 2002, dal discorso di papa Benedetto XVI a parlamentari del Partito popolare europeo del 30 marzo 2006 e al recente comunicato dei vescovi dell’Emilia Romagna del 22 febbraio 2010. Essi ruotano attorno a tre principi indicati sempre come i principali: la difesa della vita dal concepimento alla morte naturale, la centralità della famiglia come soggetto politico fondato sul matrimonio fra un uomo e una donna e la libertà di scelta educativa senza costi aggiuntivi per i genitori che appunto scegliessero di mandare i loro figli in una scuola non statale. Altri principi, pure importanti nell’economia della dottrina sociale, legati ai valori della solidarietà, dell’accoglienza e della disciplina dell’immigrazione, e della pace, vengono successivamente indicati a completamento di questi tre.

Quanto avvenuto a Torino ricorda per certi versi il Patto Gentiloni del 1913, che porta il nome del Presidente dell’Unione elettorale cattolica che, in occasione delle elezioni politiche di quell’anno, chiese ai candidati di firmare un eptalogo, cioè un impegno in sette punti ritenuti fondamentali dai cattolici. Saranno eletti 228 deputati col voto determinante dei cattolici. Naturalmente i sette punti erano assai diversi dai sei di Torino firmati da Roberto Cota, perché diverse erano le minacce che gravavano allora sulla società.
Tuttavia il significato è simile. Si tratta di educare l’elettore, soprattutto se cattolico, a usare come criterio di scelta in occasione delle elezioni quello dei principi non negoziabili e quindi abbandonare i criteri di appartenenza, di simpatia, di interesse, per scegliere unicamente i candidati che si impegnano pubblicamente a difendere e promuovere quei valori che il Magistero ci presenta appunto come non negoziabili.

Marco Invernizzi

martedì 16 febbraio 2010

Newsletter - n. 45

Relativismo e verità in un quartiere multietnico di Milano

Care amiche, cari amici,
due fatti di cronaca. Il primo ci ricorda che in Olanda il governo chiede ai neo-immigrati di seguire un corso di lingua e di “dare un’occhiata a un film dove, fra l’altro, si assiste a un bacio fra omosessuali e si vede la panoramica di una spiaggia per nudisti”: lo ricordava Luigi Offeddu sul Corriere della Sera del 15 febbraio. Il secondo è una dichiarazione del ministro Maurizio Sacconi sui fatti di Milano, dove un immigrato egiziano di 20 anni è stato assassinato da immigrati sudamericani ubriachi in un quartiere della periferia dove le diverse comunità vivono in pericoloso contatto: il ministro ha detto: “L’identità è la premessa per il vero incontro. E’ nell’indifferenza che si genera il conflitto. E’ la parete bianca senza il crocifisso, che fa il conflitto”.
Due modi diversi, anzi opposti, di rispondere al problema immenso dell’immigrazione. Due modi che riflettono due diverse concezioni dell’uomo e della civiltà, la prima fondata sulla integrazione all’interno del relativismo, l’altra sull’integrazione all’interno di una cultura e di una civiltà radicate nella storia dell’Occidente: Atene, Gerusalemme, Roma.

I due fatti richiamano l’attenzione su due recenti documenti, la Nota dottrinale dell’arcivescovo di Bologna card. Carlo Caffarra su Matrimonio e unioni omosessuali e il discorso alla Pontificia Accademia per la Vita del Papa del 13 febbraio. Perché questo legame?
Perché l’integrazione nel relativismo è fallita e fallisce. Provate a girare in un quartiere multietnico, con le comunità divise e contrapposte che non hanno nulla in comune e vogliono dividersi il controllo o l’egemonia su quel poco (o tanto) che c’è e che spesso è frutto di traffici illegali. Ogni comunità fa riferimento a un proprio codice di valori che esclude le altre, oppure fa riferimento soltanto alla propria forza per imporsi e imporre. Il sistema del relativismo prevede quartieri, oggi, e domani città tipo “arcobaleno”; già questo lo si può osservare girando in tram per Milano semplicemente guardando il mutare delle lingue delle scritte dei negozi, passando da un quartiere all’altro. Lo schema dell’integrazione nel relativismo prevede che non ci siano principi condivisi, pochi ma comuni alle diverse culture delle comunità che convivono l’una a fianco dell’altra. L’unico dogma è che non ci devono essere verità assolute. E allora la vita non è sacra, la famiglia non è una, l’onestà vale solo (forse) all’interno della comunità di appartenenza, come avviene per la malavita.
Oppure, al contrario, abbiamo qualcosa da offrire a chi viene nella nostra civiltà. Abbiamo il crocifisso, come ha detto il ministro, cioè abbiamo la certezza che “Dio ama ciascun essere umano in modo unico e profondo”, fino a sacrificare Se stesso, come ha ricordato il Papa il 13 febbraio. E dunque esistono valori condivisi, una legge morale naturale che precede tutte le culture.
Certo, occorre essere realisti. Non basta educare all’esistenza di queste verità elementari e fondamentali. Bisogna far rispettare con la forza una legalità senza la quale non si insegna nulla, perché non ci sono le condizioni materiali per farlo. Purtroppo spesso tanti intellettuali, anche sacerdoti, usano dire che non ci vogliono poliziotti ma educatori, contrapponendo secondo un vecchio vizio dialettico due necessità, la sicurezza e l’educazione. Ci vogliono l’una e l’altra.

Soprattutto bisogna avere il coraggio di scegliere e di sfidare l’impopolarità, affermando che la verità sull’uomo esiste, si trova nella sua natura ed è l’unico possibile fondamento di relazioni umane rispettose della dignità di ogni essere umano. Questa verità oggi suscita ilarità o reazioni rabbiose quando viene pronunciata, probabilmente perché, se accolta, costringerebbe tanti a cambiare vita, a rinnegare molto del proprio passato, come molti di noi contemporanei hanno già fatto o stanno pensando di fare. Ma è l’unica strada lungo la quale si può pervenire a una vera convivenza civile: per questo il card. Caffarra, presentando la sua Nota dottrinale contro l’equiparazione del matrimonio alle unioni omosessuali, ha voluto rivolgersi anche ai non credenti, a chi vuole fare uso, “senza nessun pregiudizio, della propria ragione”.

Marco Invernizzi

domenica 3 gennaio 2010

Newsletter - n. 44

Care amiche, cari amici
siamo all’inizio di un nuovo anno, un tempo favorevole a qualche considerazione sui mesi trascorsi. Proverò a farlo a ritroso, cominciando dal ricordo che il 1° gennaio di ogni anno “colpisce al cuore” ogni amico di Alleanza Cattolica perché riporta l’attenzione sulla morte di Enzo Peserico (1959-2008), avvenuta proprio due anni fa, il primo dell’anno, a Re, al termine di un incontro che Enzo stesso aveva promosso ininterrottamente dal 2000 per le famiglie e gli amici dell’associazione.
La sua memoria continua a essere viva nella vita di Alleanza Cattolica, soprattutto in questi giorni di passaggio da un anno a un altro, quando siamo soliti trascorrere insieme il capodanno, così come è avvenuto anche quest’anno sul lago di Garda, incontro conclusosi poche ore fa e dedicato all’approfondimento della Caritas in veritate. Il suo ricordo si trasforma necessariamente in gratitudine perché normalmente chi partecipa a questi incontri esce rinfrancato nella fede e nelle amicizie. In particolare, quest’anno chi ha partecipato ha potuto conoscere e approfondire alcuni aspetti della dottrina sociale della Chiesa e comprendere che, per costruire un mondo migliore, a misura d’uomo e secondo il piano di Dio, è necessario che ciascuno faccia la sua parte e in particolare si preoccupi di far conoscere quel Magistero sulla società che la Chiesa ha elaborato nei secoli e che può realmente “fare migliori le cose del mondo”.

Nel mese di novembre abbiamo organizzato due importanti incontri. Uno sul libro di Cristopher Dawson, dedicato al periodo che vede il passaggio dalla società cristiana medioevale all’Europa divisa dal Rinascimento e dalla Riforma protestante, un libro scritto da uno dei maggiori scrittori cattolici del suo tempo, importante soprattutto per insegnanti che tutti i giorni hanno a che fare con i pregiudizi diffusi dalla cultura relativista egemone. L’opera è stata illustrata dal vescovo di San Marino mons. Luigi Negri e dal direttore di Cristianità Giovanni Cantoni (C. Dawson, La divisione della cristianità occidentale, D’Ettoris, € 19,90, richiedetelo a www.libreriasangiorgio.it).

Nello stesso mese e sempre a Milano abbiamo organizzato un importante convegno sul 20° anniversario dell’abbattimento del Muro di Berlino (1989), che ha segnato la fine dell’epoca delle ideologie e inaugurato la stagione del relativismo, ma anche la possibilità di “fare apostolato” a 360 gradi, anche nei Paesi dell’Europa orientale e nei Paesi dell’ex Unione Sovietica, compresa la Russia. Il Presidente Formigoni, il senatore prof. Gaetano Quagliariello, il prof. Adriano Dell’Asta vicepresidente di Russia Cristiana, i docenti Mauro Ronco e Giovanni Codevilla, il parlamentare europeo Mario Mauro, lo scrittore e giornalista Ugo Finetti, hanno occupato un pomeriggio che ha arricchito tutti i partecipanti, nonostante l’impegno e l’attenzione richiesti per molte ore consecutive, dalle 15 alle 19,30. Tutti coloro che hanno partecipato (e che ringrazio di cuore) avranno potuto cogliere la profondità delle relazioni, tutte preparate per iscritto e che ora possono essere lette sul sito www.alleanzacattolica.org

Nello stesso mese, a Roma, è stata presentata l’edizione del cinquantenario di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione (1959-2009) , l’opera più significativa del pensatore e uomo d’azione brasiliano Plinio Correa de Oliveira, un testo che è tanto importante per la formazione dei membri di Alleanza Cattolica e che aiuta a discernere nella drammatica lotta fra il bene e il male che ha accompagnato la storia moderna, dalla fine del Medioevo a oggi. Credo che nell’anno appena cominciato, il 2010, questo testo accompagnerà le nostre principali iniziative, non solo e non tanto quelle pubbliche, ma proprio il capillare lavoro di formazione che è fin dall’inizio l’attività principale di Alleanza Cattolica (Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Sugarco 2009, € 25,00, richiedetelo a www.libreriasangiorgio.it).

Ma il 2009 ha visto anche altri importanti eventi, dalla nascita del Popolo della Libertà (cfr. il mio articolo su Cristianità, n. 353/2009) alle elezioni europee e amministrative con la conferma del predominio politico del Pdl alleato con la Lega Nord, al devastante terremoto dell’Aquila che ha visto una imponente mobilitazione da parte della Protezione civile, con risultati estremamente importanti, segnale dell’esistenza di una enorme solidarietà da parte degli italiani e della capacità di intervento del governo.

Nello stesso 2009 sono continuate le persecuzioni dei cristiani in Iraq (quasi duemila uccisi in sei anni) nel tentativo di costringerli a lasciare il Paese, in Pakistan e in altri paesi dell’Asia, mentre continua la guerra contro l’Occidente da parte delle diverse forze del terrorismo, in particolare quello di matrice islamista, una guerra che il senso comune degli italiani continua a sottovalutare perché ancora non colpisce le nostre città e i nostri interessi.

Nelle prossime settimane vi informeremo sulle prossime iniziative di Alleanza Cattolica. Intanto ringraziamo la Provvidenza di Dio per quanto ci ha dato nel corso dell’anno trascorso, in modo particolare per il Magistero della Chiesa, quello del Pontefice in particolare, che accompagna e illumina la storia, indicandoci la strada da seguire nella confusione della nostra epoca, ma anche nelle straordinarie opportunità di bene che essa offre.

Marco Invernizzi