giovedì 15 aprile 2010

Newsletter - n. 48

Il Papa e la natura dell’uomo

Care amiche, cari amici,
tra sabato sera e domenica pomeriggio (11.12 aprile) su Canale 5 (Tv di centro-destra?) sono andati in onda rispettivamente un’intervista a un uomo “incinto” (si dice così?) con tanto di compagna/o a fianco, già genitori di altri due figli, e una lunga intervista all’on. Paola Concia, già presidente dell’Arcilesbica, parlamentare del Partito democratico, che per oltre mezz’ora ha raccontato la sua iniziazione omosessuale e la sua decisione di convolare a nozze con la sua nuova compagna tedesca (in Germania, perché nell’Italia reazionaria guidata dal capo del governo e della Tv alla quale era stata invitata non si può ancora). La cosa ancora più sorprendente era che le due interviste erano precedute o seguite da altri personaggi miracolati da padre Pio, ad attrici particolarmente affascinanti, il tutto mischiato in una totale confusione che lasciava sconcertato il povero telespettatore. E la cosa che mi ha colpito anche di più era l’impegno delle giornaliste intervistatrici nel presentare come “normale” tutto quanto “passava” sullo schermo, saltando con noncuranza dal parto maschile alla santità e al miracolo, all’omosessualità ritenuta come condizione normale.

Questa probabilmente è l’essenza del relativismo, ossia l’assenza di giudizio, di distinzione fra vero e falso, bene e male, l’equiparazione indistinta di ogni cosa. E l’impossibilità, se non a prezzo dell’isolamento, di giudicare negativamente questa situazione, di affermare che non tutto è opinabile, modificabile, equiparabile.
Ma perché questa considerazione?
Perché credo che l’aggressione mediatica a cui la Chiesa è attualmente sottoposta (il Papa e la figura del sacerdote in particolare) rischi di confondere anche noi che crediamo di esserne immuni, perché tutto viene confuso e ogni giorno viene aperto un nuovo fronte che impedisce di approfondire e comprendere quello precedente, aggiungendo incertezza ad incertezza. Del resto, non è necessario accendere una Tv per provare questa sensazione, ma una cosa simile avviene quando si entra in una libreria (anche cattolica) e si vedono centinaia di titoli uno accanto all’altro, a prescindere dall’impostazione dell’autore: tutto e il contrario di tutto.
Nei giorni scorsi abbiamo assistito all’evocazione di questioni di enorme portata storica e dottrinale, poste una accanto all’altra come se si trattasse di vicende risolvibili con qualche battuta: la questione ebraica, quella omosessuale, quella relativa alla pedofilia. Il sottofondo ideologico a questi continui approcci giornalistici è che se non ci fosse la Chiesa con la sua intransigente pretesa di ritenere che esista una sola natura umana, il mondo sarebbe più sereno perché non scoppierebbero inutili conflitti. Se poi la Chiesa non fosse così esagerata nelle sue pretese in materia sessuale (e questo traspare anche da autori cattolici come Alberto Melloni sul “Corriere della Sera” del 14 aprile), l’umanità sarebbe indubbiamente più felice.

Allora, forse, vale la pena di chiudere i giornali e spegnere le Tv per un attimo e pensare alla posta in gioco dietro questo frastornante e continuo clamore mediatico. Anche se tutto passa attraverso la ricerca del sensazionale per vendere più copie e ottenere un aumento degli ascolti, sono due gli obiettivi: il Papa come custode e garante della Chiesa, e l’esistenza di una natura umana che implichi un giudizio negativo di ogni pretesa di fare apparire come normale ciò che è contrario alla natura dell’uomo. Perché se non c’è una natura non esiste neppure un progetto divino, ma allora non c’è neppure una meta finale di felicità nella prospettiva esistenziale dell’uomo e non c’è un Dio che accompagni e accolga la stessa esistenza umana. E se è così il Papa, ogni Papa non solo Benedetto XVI, è un ostinato e convinto capo di qualcosa, la Chiesa, che non ha motivo di esistere.

Marco Invernizzi

domenica 11 aprile 2010

Newsletter - n. 47

La perdita di una classe dirigente

Care amiche, cari amici,
la moglie di un mio carissimo amico è polacca. Mi è venuto spontaneo telefonarle dopo la tragedia che ha privato il suo Paese di una parte cospicua della classe dirigente. Stava piangendo e la cosa mi ha aiutato a comprendere ancora meglio il particolare legame esistente fra i polacchi e la loro nazione, in particolare con quella classe dirigente scomparsa sabato scorso.
Non sono sicuro che si sia compreso adeguatamente quanto accaduto, per questo lo riassumo. Un aereo polacco è precipitato sul suolo russo dove stava atterrando per commemorare il 70° anniversario dell’assassinio nella foresta di Katyn da parte sovietica di un’altra classe dirigente composta da circa 22mila fra ufficiali e militari polacchi. Sono morti il Capo dello Stato Lech Kaczynski con la moglie Maria, il Capo di Stato maggiore, i vertici dell’esercito, della marina, dell’aereonautica, il governatore della Banca centrale polacca, 13 ministri del governo, diversi deputati, il candidato conservatore alle prossime elezioni presidenziali, il vescovo cappellano dell’esercito e altre figure storiche della resistenza polacca contro il comunismo durante la seconda guerra mondiale e durante l’epopea di Solidarnosc. Il gemello del Presidente non era sull’aereo soltanto perché era rimasto in ospedale accanto alla madre malata.
L’amica polacca mi ha riassunto così: “c’era tutta la destra polacca su quell’aereo”. Ed è vero, se pensiamo che il partito del Presidente e del suo gemello Jaroslaw, “Legge e Giustizia”, era nato come costola di destra del sindacato Solidarnosc che mandò in crisi il regime comunista polacco negli anni Ottanta del secolo scorso, e Lech Kaczynski era stato uno dei principali consiglieri quando Lech Walesa divenne Presidente della Repubblica nel 1990. Un partito conservatore, rispettoso delle tradizioni cristiane della Polonia.

Vi sono nella storia popoli-vittime, come quelle anime che sembrano incaricate dal piano di Dio di immolarsi con le loro sofferenze per la salvezza del mondo e degli uomini. Me ne vengono in mente alcuni, come il popolo vietnamita e quello cambogiano, o coloro che oggi continuano a vivere nel gulag della Corea del nord, popoli colpiti da tragedie naturali oltre a quelle provocate dalle ideologie. Ma la storia del popolo polacco la conosciamo meglio, per la vicinanza geografica, per la storia comune. La tragedia di oggi è avvenuta nel 70° anniversario del massacro di Katyn, per cinquant’anni negato dall’Urss e attribuito alla Germania nazionalsocialista, dopo che, finalmente, il leader russo Putin aveva accettato di sancire pubblicamente la riconciliazione fra i due popoli attraverso il riconoscimento della “verità su Katyn”. In quei mesi la Polonia era scomparsa, cancellata dagli eserciti nazionalsocialista a ovest e da quello sovietico a est, come già altre volte era accaduto nella sua storia. E a Katyn cominciarono quarant’anni di oppressione e di umiliazione, perché anche nella Polonia comunista tutti conoscevano la “verità su Katyn”, ma nessuno poteva permettersi di dirlo pubblicamente.

E’ difficile comprendere qualcosa del mistero della storia, delle scelte con cui il Signore guida i popoli, castigandoli e aiutandoli, lasciando così tanta libertà al male e alla menzogna. Non posso non chiedermi perché questo popolo venga trattato così vent’anni dopo aver salvato l’Europa dal comunismo, quando nel 1920 l’esercito polacco guidato dal maresciallo Jósef Pilsudski (1867-1935, la cui tomba in Polonia è sempre cosparsa da fiori freschi) fermò l’Armata Rossa davanti a Varsavia (“il Miracolo della Vistola”). Ma poi mi viene in mente la festa della Misericordia che celebriamo oggi, nella prima domenica dopo la Pasqua, grazie a santa Faustina Kowalska (1905-1938), la suora sepolta a Cracovia, la città dove il futuro papa Giovanni Paolo II (che la canonizzerà nel 2000, la prima santa del nuovo millennio) aveva imparato a conoscerla e a pregarla. Mi viene in mente perché il Papa “polacco” e la suora “polacca” hanno insegnato al mondo come appunto la Misericordia sia la misteriosa risposta scelta da Dio da opporre al male, a quel male che negli anni Trenta del secolo scorso in Europa e in Polonia aveva il volto delle ideologie che la avrebbero presto annientata.
E allora forse possiamo intuire e balbettare qualcosa, tremando al pensiero di quale possa essere il prezzo che un popolo debba pagare per potere dare all’umanità quella santità che sola può salvare dal male.

Marco Invernizzi
Festa della Divina Misericordia 2010