domenica 11 dicembre 2011

Newsletter - n. 60

Care amiche, cari amici

vi allego il testo del manifesto-comunicato che Alleanza Cattolica sta diffondendo a proposito del nuovo governo guidato dal senatore Mario Monti.

Siamo entrati in una fase nuova della vita nazionale, seguita a una guerra finanziaria che ha visto la sconfitta dell'Italia e la caduta del governo presieduto da Silvio Berlusconi. In questa nuova situazione bisogna cercare di salvaguardare quanto di buono è stato costruito negli ultimi 17 anni, e in particolare l'alleanza fra il Pdl e la Lega nella prospettiva di costruire un polo politico conservatore che ostacoli efficacemente l'avanzata del processo di disgregazione dell'Italia.

Marco Invernizzi

Alleanza Cattolica sul governo Monti

Roma, 5 dicembre 2011.

Dopo l'annuncio di gravosi provvedimenti economici, che fra l'altro – e ancora una volta – non comportano quei sostegni alle famiglie con figli a carico che molti avevano auspicato, persone molto per bene, ugualmente leali al bene comune dell'Italia e ispirate dalla dottrina sociale della Chiesa, rischiano oggi di dividersi fra loro sulla questione se, dopo le dimissioni del presidente del Consiglio on. Silvio Berlusconi, chi aveva sostenuto il suo governo debba oggi appoggiare l'esecutivo guidato dal sen. Mario Monti e appoggiato anche dal Partito Democratico e dal Terzo Polo, o debba insistere per immediate nuove elezioni. Sembra importante che amicizie politiche e culturali, talora antiche, non si rompano su questo punto e che si ricordino alcuni aspetti essenziali.

1. Almeno dal 2008 è in corso una guerra mondiale più difficile da capire di altre, perché combattuta non su campi di battaglia militari – almeno non principalmente, perché non mancano episodi di questo genere, come la guerra in Libia – ma nelle borse, nelle banche e nel sistema finanziario internazionale. Che questa sia una modalità delle moderne guerre dette «asimmetriche», a proposito delle quali la parola «guerra» è usata in senso proprio e non solo metaforico, è stato chiarito dagli stessi ideatori della nozione di «guerra asimmetrica», i colonnelli dell'esercito della Repubblica Popolare Cinese Qiao Liang e Wang Xiangsui, che nel loro libro Guerre senza limiti. L'arte della guerra asimmetrica tra terrorismo e globalizzazione (trad. it. a cura del Generale Fabio Mini, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia 2001), talora presentato come «la Bibbia dei nuovi conflitti», oltre all'esempio del terrorismo citano precisamente quello delle aggressioni attraverso tecniche di tipo finanziario. Dopo che la crisi del 2008, seguita dall'elezione di un presidente degli Stati Uniti particolarmente inadatto a governarla, ha dimostrato che per la prima volta dopo la fine della Seconda guerra mondiale l'egemonia statunitense può essere messa in discussione, si è scatenata una guerra asimmetrica di tutti contro tutti per cercare di sostituirla con «qualche cos'altro», dove i principali contendenti sono la Cina, alcuni Paesi arabi – che si muovono anche secondo una logica di tipo religioso –, e il BRI, sigla riferita a Brasile-Russia-India, Paesi che si considerano le potenze economiche emergenti del futuro e formano il cosiddetto BRIC con la Cina, con cui però hanno interessi non coincidenti.

2. Per cercare di giocare un ruolo in questa guerra, dove l'Europa parte da una posizione piuttosto marginale, Germania e Francia – la prima più forte economicamente, la seconda assai più debole, ma con una rete migliore di contatti politici e d'intelligence internazionali con alcuni dei protagonisti principali, in particolare con il mondo arabo tramite l'alleanza con il Qatar, Paese molto importante anche perché del mondo islamico controlla, e spesso manipola, l'informazione tramite la rete televisivaal-Jazzira – hanno deciso di presentarsi come «direttorio» e di cercare di egemonizzare l'intera Unione Europea, attaccando con manovre piuttosto brutali e spericolate – talora pericolose anche per loro – le economie europee che presentavano un certo grado d'indipendenza, a cominciare da quella italiana, sia tramite un attacco finanziario sia attraverso il colpo portato agli interessi energetici più indipendenti tramite la guerra in Libia e il tentativo d'inserire cunei nei rapporti fra alcuni Paesi europei e la Russia.

3. Questa autentica guerra non è stata capita, se non da pochi osservatori particolarmente acuti rimasti inascoltati, in un'Italia persa nelle sue beghe politiche nazionali. Pur di scalzare il governo Berlusconi, qualche volta senza capire che cosa stava succedendo ma altre volte capendolo fin troppo bene e rendendosi quindi colpevoli di un vero e proprio tradimento, forze politiche di opposizione, poteri forti economici e culturali ostili per diverse ragioni al governo, e grandi giornali sostanzialmente infeudati a questi poteri, hanno agito oggettivamente da quinte colonne di questo attacco straniero al nostro Paese.

4. Indebolito non solo dalle quinte colonne – il cui ruolo proditorio e antinazionale va comunque denunciato senza infingimenti – ma anche da comportamenti privati del presidente del Consiglio – perseguiti da magistrati ostili e messi in piazza dai media portavoce dei poteri forti con modalità discutibili e talora scandalose, ma non da loro inventati –, da una notevole litigiosità interna e da una qualità e capacità di comprensione di scenari internazionali complessi rivelatesi alla prova dei fatti spesso gravemente insufficienti, il centro-destra – come dimostra per esempio la vicenda della Libia – non è stato in grado né di resistere alla guerra scatenata contro l'Italia né di spiegare agli italiani che una guerra era in atto.

5. Le cifre ormai catastrofiche dell'attacco finanziario – da non confondersi con le cifre dell'economia reale, che però in questo scenario di guerra mondiale diventa sempre meno rilevante –, il quotidiano passaggio di aziende di eccellenza italiane in mani straniere, l'evoluzione della situazione in Libia, assai meno rassicurante per gl'interessi italiani di quanto si voglia far credere, mostrano che la guerra è stata perduta. Chi non si rende conto di questa circostanza, o si rifiuta di vederla, ha poi difficoltà a capire tutto il resto.

6. Nelle nuove guerre non sono previste occupazioni del territorio sconfitto – se non, ancora, economiche – ma è previsto il commissariamento dei vinti attraverso un governo che risponda ai vincitori, i quali ne dettano le condizioni di funzionamento: un «governo Badoglio» o se si preferisce – ma le vicende storiche furono diverse – un «governo Pétain».

7. Se è vero che abbiamo perso la guerra, non possiamo sfuggire a questo tipo di governo. Lo può votare, sotto pressione dei vincitori, il Parlamento. O lo possono votare gli elettori, i quali però non saranno molto più liberi dei parlamentari perché le potenze vincitrici ripeteranno loro tutti i giorni che o «voteranno bene» o «staranno puniti» con altri durissimi attacchi che li impoveriranno oltre il limite del tollerabile, con gravi conseguenze anche per l'ordine pubblico: gli «indignados» insegnano. È possibile che i vincitori della guerra abbiamo referenti e preferenze diverse quanto alle persone: c'è chi conosce da anni il sen. Monti, chi accetterebbe l'on. Pier Luigi Bersani o magari il sindaco di Firenze dottor Matteo Renzi dopo un passaggio elettorale – in cui peraltro ben potrebbe candidarsi lo stesso sen. Monti, verosimilmente riscuotendo un vasto consenso –, perfino chi a suo tempo ha fatto delle promesse all'on. Gianfranco Fini o chi frequenta il dottor Luca Cordero di Montezemolo. Quella che può essere in discussione però è la scelta delle persone, non della politica, che è stata già dettata dai vincitori e che in gran parte è contenuta nella nota lettera della Banca Centrale Europea.

8. Che il «governo Badoglio» a sovranità limitata e sotto vigilanza dei vincitori sia nato subito con il sen. Monti ovvero rinasca dopo un passaggio elettorale con i carri armati – metaforicamente ma non troppo – fuori dei seggi non è forse l'elemento decisivo, e non dovrebbe dividere chi ha davvero a cuore le sorti della patria. Pochi o nessuno sanno davvero che fare, ma un buon punto di partenza è prendere atto che la guerra è stata perduta. Continua fra altri e con altri scenari, che forse in futuro potranno darci qualche vantaggio. Quanto ai «governi Badoglio» – che vengono comunque, con o senza elezioni – il dilemma che si pose durante e dopo la Seconda guerra mondiale in vari Paesi di volta in volta sconfitti – se stare dentro un governo sostanzialmente imposto dallo straniero, con lo scopo di alleviare le sofferenze della popolazione e iniziare a ricostruire una presenza politica forse in futuro autonoma, o testimoniare una protesta rimanendone fuori – fu risolto diversamente da persone ugualmente di buona fede. Sarebbe bene che le persone di buona fede, pur compiendo di nuovo scelte diverse, non si dividessero neppure ora, ma trovassero un momento di raccordo nello spiegare al Paese che c'è stata una guerra, che l'abbiamo persa – per colpa delle quinte colonne e dei traditori, da denunciare incessantemente, ma anche perché i «buoni» a lungo non l'hanno capita, e gli stessi passaggi finali, la cui inevitabilità era già evidente nell'estate del 2011, sono stati avviati con notevole ritardo – e che occorre operare perché una nuova classe politica s'impegni nella lunga, faticosa e dolorosa opera della diplomazia, della ricostruzione e forse domani perfino della rivincita. Come ha ricordato nel suo viaggio apostolico in Sardegna del 2008, Papa Benedetto XVI, contro il «nichilismo diffuso» (Omelia, Santuario della Madonna di Bonaria, 7-10-2008) la politica «necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile» (ibidem), così come necessita – come Alleanza Cattolica si permette di richiamare – di una rinnovata e corale «grande preghiera per l'Italia», che riprenda quella proposta dal beato Papa Giovanni Paolo II (1978-2005) nella Meditazione con i vescovi italiani presso la tomba dell'Apostolo Pietro il 15 marzo 1994. Fare tutto questo con un piede dentro o con entrambi i piedi fuori dai «governi Badoglio» – forse più di uno – che ci attendono non è irrilevante, ma non è l'elemento decisivo.

lunedì 24 ottobre 2011

Newsletter - n. 59

Da dove vengono i “principi non negoziabili”?

Bisogna risalire al Convegno della Chiesa italiana a Loreto, nel 1985, per comprendere qualcosa di quanto sta avvenendo all’interno del mondo cattolico italiano in margine all’incontro di Todi, dove lunedì 17 ottobre si sono riunite diverse associazioni convocate dalla sigla del Forum delle persone e associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro.

In quel Convegno, che avveniva sette anni dopo l’elezione al soglio di Pietro di Giovanni Paolo II, venne abbandonata la prospettiva della “scelta religiosa” che aveva caratterizzato l’operato della Chiesa italiana nel decennio precedente, successivamente al Convegno ecclesiale di Roma del 1975 su Evangelizzazione e promozione umana.

La “scelta religiosa” era una prospettiva che veniva da lontano, dalle forti polemiche contro Luigi Gedda (1902-2000), il Presidente dell’Azione Cattolica dal 1952 al 1959 e fondatore dei Comitati Civici, che contribuirono in modo significativo alla vittoria elettorale del mondo cattolico nelle elezioni del 18 aprile 1948. Durante la sua presidenza, gli si rivoltarono contro i due responsabili dei giovani di Aci, Carlo Carretto (1910-1988) e Mario Rossi (1925-1976), il primo sostenitore di un disimpegno dei cattolici dall’apostolato civile e politico di quel tempo, perché considerato funzionale alla destra, il secondo anticipatore della teologia della liberazione, in questo supportato dall’assistente ecclesiastico don Arturo Paoli. Le due crisi degli anni Cinquanta rientrarono ma furono l’espressione di un profondo disagio del mondo cattolico, come si capì parecchi anni dopo quando si scoprì che la maggioranza di quei dirigenti che se ne andarono con Carretto e Rossi (fra i quali c’era Umberto Eco) erano confluiti in movimenti e partiti della sinistra.

Così, negli anni Sessanta, in particolare dopo il famoso luglio 1960, quando a Genova venne impedita la celebrazione del Congresso del Msi con la violenza della piazza e quindi fatto cadere il governo guidato dal democristiano Fernando Tambroni (1901-1963), che si reggeva grazie ai voti missini, cominciò a prendere corpo il fatto che la polemica contro l’attivismo di Gedda nella conduzione dell’Aci da parte della cosiddetta “scelta religiosa” di fatto favoriva anche l’apertura ai partiti della sinistra, che si consumò con i governi di centro-sinistra, a partire dal 1961. Forse per questo Vittorio Bachelet (1926-1980), che sarà Presidente dell’Aci dal 1964 al 1973, preferiva parlare di una “scelta più religiosa” proprio per non generare equivoci, che invece ci furono.

Fu in questi anni, l’epoca successiva al Concilio Vaticano II (1962-1965), che scoppiò in tutto il mondo occidentale la rivoluzione culturale del 1968. La “scelta religiosa” dei movimenti cattolici si rivelò incapace di contrastare l’ondata della contestazione che infatti investì e devastò le associazioni del mondo cattolico, anche se proprio in questi anni vennero gettate le basi dei nuovi movimenti che caratterizzeranno il post Concilio e che di fatto cominceranno a dar vita alla nuova evangelizzazione. Si aprì così un periodo devastante che segnò gli ultimi dieci anni del pontificato di Paolo VI (1968-1978), segnati in particolare dalla contestazione del Magistero dopo la pubblicazione dell’enciclica Humanae vitae.

Ora, questo periodo, in cui i cattolici erano come scomparsi dalla scena pubblica, soprattutto a livello giovanile, cominciò a venire superato appunto a Loreto nel 1985, anche se fin dal primo discorso nel 1978, col suo celebre invito a “non aver paura di Cristo”, Giovanni Paolo II aveva cominciato a restituire l’orgoglio e la fierezza dell’essere cattolici e di appartenere alla Chiesa a una generazione timida e sbandata.

Dopo Loreto, nel 1986, cominciò con l’elezione del card. Camillo Ruini alla segreteria della Cei il cosiddetto “ruinismo”, cioè il periodo segnato dalla figura del card. Ruini, che diventerà anche Presidente della Cei e Vicario del Papa a Roma. A Loreto, papa Giovanni Paolo II disse che i cattolici non potevano essere subalterni e dovevano agire da protagonisti, cercando di animare cristianamente l’ordine temporale, come scrive il documento del Concilio sull’apostolato dei laici, Apostolicam actuositatem. Questa linea portò dapprima a un tentativo di cambiare la Dc, il partito d’ispirazione cristiana al governo del Paese con socialisti e partiti laici, poi, negli anni Novanta, dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine del Pci e della Dc in seguito a Tangentopoli, al disegno di dare vita a un movimento cattolico impegnato soprattutto in un’azione culturale, decisa in particolare dal Convegno ecclesiale di Palermo, nel 1995.

L’azione culturale dei cattolici italiani mirava e mira a rifare cristiano il tessuto della società e contemporaneamente a garantire l’Italia dall’introduzione di leggi aberranti in tema di bioetica che invece erano state approvate da quasi tutti i governi europei. La Nota dottrinale della Congregazione per dottrina della fede del 2002, il famoso discorso di Benedetto XVI a parlamentari del Partito popolare europeo il 30 marzo 2006, coniarono il termine “principi non negoziabili”, che peraltro era già entrato nella mentalità dei cattolici, almeno in una certa misura.

Esso costituì anche un approccio alla politica, diverso certamente dalla stagione della Democrazia cristiana.

Una delle critiche che vennero portate ai principi non negoziabili fu quella di ridurre l'impegno politico dei cattolici alla difesa di alcuni valori, per quanto importanti, invece di promuovere una cultura politica "generale". E' la stessa accusa lanciata contro il cosiddetto Patto Gentiloni del 1912, che prevedeva un accordo politico in vista delle elezioni del 1913 in base al quale i cattolici avrebbero votato quei candidati che avessero sottoscritto un eptalogo, cioè sette punti irrinunciabili per la dottrina sociale della Chiesa. Anche allora i democratici cristiani criticarono questo tipo di accordo perchè ritenuto espressione di una cultura subalterna verso il liberalismo.

Ma il problema principale non riguarda la collocazione politica bensì il fatto che i principi non negoziabili sono sorgivi e fondativi, come ha detto a Todi il card. Bagnasco. Essi stanno all'inizio e sostengono un progetto politico per il bene di una comunitá; senza di essi non si può parlare veramente di bene comune.

Appare così veramente singolare che qualcuno possa pensare di fondare l'unità fra i cattolici, senza partire dai principi non negoziabili, perchè soltanto questi ultimi sono veramente indiscutibili, mentre sul resto i cattolici possono avere opinioni diverse. Oltretutto, appare veramente singolare sostenere che la promozione dei principi non negoziabili non abbia conseguenze politiche. Pensate soltanto a come è cambiato il clima culturale quando cattolici e laici non cattolici hanno trovato un accordo nel Paese e in Parlamento per proporre la legge 40 che, pur non essendo rispettosa del diritto naturale in molti suoi aspetti, poneva dei limiti alla procreazione assistita, oppure quando hanno bocciato per due volte una legge sull'omofobia, oppure quando hanno affossato i Dico con la imponente manifestazione del family day. E si potrebbe continuare ...

Marco Invernizzi

mercoledì 29 giugno 2011

Newsletter - n. 57

Care amiche, cari amici

Sua Eminenza il cardinale Angelo Scola è il nuovo arcivescovo di Milano.
Nato nella diocesi ambrosiana, tornerà nella sua terra da pastore, dopo avere guidato le diocesi di Grosseto e di Venezia. Tornerà nel seminario di Venegono, che dovette lasciare per le incomprensioni che allora, negli anni attorno al 1968 ferivano la comunità ecclesiale. Sarà infatti ordinato dal vescovo di Teramo nel 1970. Grande amico di mons. Luigi Giussani e appartenente al movimento di Comunione e liberazione, filosofo e teologo con 120 pubblicazioni scientifiche, è stato fermamente voluto da Papa Benedetto XVI alla guida della più grande diocesi d'Europa.
Non tornerà a Milano per contrapporsi ai suoi due predecessori, ma per portare il suo specifico contributo alla continuazione della diocesi di Ambrogio e Carlo Borromeo. La Chiesa non è un partito dove cambiano i segretari e le linee politiche, ma il corpo di Cristo guidato dai successori degli Apostoli con alla testa il vescovo di Roma. Certamente la diocesi ambrosiana esce da decenni di grande difficoltà e nessuno può negare esista un profondo smarrimento in parte del clero e dei fedeli di fronte ad atteggiamenti assunti dalla Curia e da sacerdoti in posizione molto visibile.
Tuttavia, credo che l'ultima cosa che il nuovo arcivescovo desideri sia di essere accolto in polemica con i suoi predecessori.
Da parte sua, Alleanza Cattolica lo saluta con l'affetto che ha chiesto nel suo primo messaggio ai milanesi, gli assicura le preghiere dei suoi soci e amici e la disponibilità a servire la Chiesa ambrosiana con tutti i modi di cui è capace.
Certa, come recita il motto episcopale del card. Scola, che sufficit gratia Tua.

Marco Invernizzi

venerdì 20 maggio 2011

Newsletter - n. 56

Le elezioni a Milano non si sono ancora concluse. Domenica e lunedì 29 e 30 maggio si svolgerà il ballottaggio fra Letizia Moratti e Giuliano Pisapia. E’ inutile che vi ricordi quanto sarà difficile fermare la nomina a sindaco di Pisapia, dopo i risultati del primo turno.
Se avete la pazienza di leggere il programma del candidato vendoliano del centro-sinistra, tuttavia, troverete motivi ulteriori per impiegare questi pochi giorni a convincere l’oltre 30% dei milanesi che non è andato a votare a partecipare al ballottaggio dell’ultimo fine settimana di maggio. Qui non si tratta di simpatia o antipatia per il candidato del centro-destra e del leader del Pdl, ma di impedire che Milano cada sotto la guida di un uomo che prevede, nel suo programma, fra l’altro:

• le “donne autiste di notte”
• le “famiglie plurali” con l’istituzione del famigerato registro delle unioni civili, che significa equiparazione al matrimonio delle coppie di fatto sia etero sia omosessuali
• le “scuole aperte tutto il giorno, tutti i giorni, tutto l’anno” (che cosa vorranno mai insegnare ai poveretti lontani da casa, dalle famiglie, da amicizie liberamente scelte anche fuori dalla scuola)
Il tutto inserito in una cultura statalista unita a molte altre amenità, come i “rifugi anti-noia” e il “pronto soccorso per animali aperto 24 ore su 24”.

Inoltre non vi sfugge il rischio che a Milano, dove era nata, vada in frantumi la costruzione politica di Silvio Berlusconi, che è stato capace, dal 1993 fino a oggi, di unire in una coalizione le diverse culture conservatrici del Paese, come ho cercato di raccontare sul quotidiano on line labussolaquotidiana.it.
L’alternativa al governo dei moderati che attualmente guida il Paese, e Milano, consiste in un ritorno al potere legislativo ed esecutivo delle forze ideologiche che esprimono più compiutamente la “dittatura del relativismo”, denunciata da Benedetto XVI come la caratteristica negativa del nostro tempo.

Rimangono pochi giorni al ballottaggio, ma invertire la tendenza forse è possibile. Il centro-sinistra ha sostanzialmente gli stessi voti di 5 anni fa, mentre al centro-destra basterebbero 50mila voti di quelli che ha perduto per vincere al secondo turno. Difficile ma non impossibile, soprattutto se è vero, come scrivono molti analisti, che Pisapia non prenderà un numero maggiore di voti al ballottaggio rispetto al primo turno.

Sarebbe un risultato straordinario, mi rendo conto, ma è già accaduto, a Roma, nel ballottaggio fra Rutelli e Alemanno, nel 2008.
50mila milanesi in più: sperare, pregare e andare a votare, perché i “principi non negoziabili” con Pisapia sindaco avrebbero molto da soffrire.

Marco Invernizzi

giovedì 21 aprile 2011

Newsletter - n. 55

Care amiche, cari amici
intanto gli auguri per l’imminente Pasqua.
Una Pasqua, quella di quest’anno, nel segno della beatificazione di Giovanni Paolo II, che avverrà il prossimo 1° maggio, nella prima domenica dopo Pasqua, la festa della Divina Misericordia istituita proprio dal Papa nel 2000 con la canonizzazione di santa Faustina Kowalska, la “santa della misericordia”, suora polacca sepolta a Cracovia, che il Pontefice ebbe sempre in cima ai suoi pensieri.
I 27 anni di pontificato di Giovanni Paolo II hanno segnato la storia non soltanto della Chiesa ma del mondo intero, perché in questo periodo sono avvenuti cambiamenti radicali, a cominciare dal venir meno del Muro di Berlino nel 1989 e dalla fine dell’Unione Sovietica, nel 1991. Sembrava che la storia fosse finita, ma ci si sbagliava. Sulle ceneri dell’ideologia comunista non stava sorgendo il regno di Maria, come profetizzato dalla Madonna a Fatima, bensì la “dittatura del relativismo”. Mentre il relativismo penetrava sempre più in profondità nel tessuto sociale del mondo occidentale, si risvegliavano fondamentalismi pseudo religiosi, in particolare l’islamismo radicale. Dopo il decennio degli anni Novanta segnato dalle guerre drammatiche e dagli stermini avvenuti nei Balcani e in alcuni Paesi africani, nel 2001, l’11 settembre, la storia sembrava ricominciare a “correre”, in seguito all’attentato alle Torri gemelle, nel cuore degli Stati Uniti.
Dopo il 1989, anche l’11 settembre del 2001 entrerà negli eventi epocali che segnano la storia. Papa Giovanni Paolo II ci ha aiutato a comprendere il significato profondo di questi avvenimenti e il suo stesso pontificato in qualche modo può essere diviso in due, prima e dopo la caduta dei regimi comunisti. Il Papa “polacco” darà il suo importante contributo ai fatti polacchi, dove il “regime della classe operaia” dovrà subire l’umiliazione di essere abbandonato proprio dagli operai, che daranno vita nel 1980 al Sindacato Solidarnosc, che dieci anni dopo farà definitivamente cadere il regime che aveva oppresso il popolo polacco dopo la Seconda guerra mondiale.
Dopo la fine dell’Urss, il Papa potrà concentrare maggiormente il suo Magistero, all’interno dell’Occidente, nella proposta di una nuova evangelizzazione, come via d’uscita dalla crisi imposta dal secolarismo. Una secolarizzazione frutto non più delle ideologie forti del ‘900, ma del “pensiero debole” che spegne la domanda sulla verità, soprattutto nel cuore dei giovani. E a questi ultimi in modo particolare il Papa si rivolgerà, ricevendo da loro un omaggio straordinario in occasione della sua morte, nel 2005.
Oggi rimane soprattutto il suo Magistero, ampio e profondo come pochi altri. Certamente il suo carisma, la sua santità, la sua capacità di comunicare, ma se perdiamo il contatto con il suo insegnamento rischiamo di perdere, nel tempo, la sua più preziosa eredità.

Per questo abbiamo dedicato al Magistero di Giovanni Paolo II uno dei tre Ritiri di formazione e preghiera che Alleanza Cattolica organizza nel corso di ogni anno. Si terrà presso il santuario di Caravaggio, sabato e domenica 28 e 29 maggio. Se volete partecipare potete iscrivervi telefonando ad Alleanza Cattolica Milano al 339-5007708.

Ancora i migliori auguri per una buona e santa Pasqua

Marco Invernizzi

giovedì 10 marzo 2011

Newsletter - n. 54

Care amiche, cari amici
il 2011 è cominciato all’insegna del 150° anniversario dell’unificazione italiana, almeno per quanto riguarda le nostre attività principali. Intanto il Convegno a Roma del 12 febbraio, che è andato molto bene sia per la presenza del pubblico che ha gremito la capiente e splendida Sala della Protomoteca in Campidoglio, sia soprattutto per gli interventi dei nostri militanti e degli ospiti, che si sono ottimamente integrati. In quella occasione è stato presentato il libro edito da Cantagalli con i testi degli interventi o comunque sui temi previsti, e anche questo è un grande successo perché solitamente gli atti dei convegni vengono stampati anni dopo l’evento (il libro 1861-2011. A 150 anni dall’Unità d’Italia. Quale identità?, € 18, lo potete richiedere a info@libreriasangiorgio.it). Un modo per sostenere questa buona battaglia sul Risorgimento è quello di regalare a un amico questo libro!
Ma la cosa più importante è cominciata dopo. Si tratta infatti di cogliere le opportunità offerte dall’anniversario per svolgere il più intensamente possibile il compito specifico dell’apostolato culturale di Alleanza Cattolica, ossia cercare di far penetrare nel corpo sociale un’interpretazione della storia nazionale che salvaguardi l’Unità ma metta in luce le ferite del Risorgimento. Insomma, Unità sì, Risorgimento no, come cerchiamo di sintetizzare nei numerosi interventi che stiamo facendo in tutta Italia, sia presentando il libro o altri libri sul tema, sia partecipando ad incontri promossi da istituzioni, parrocchie o forze politiche e circoli culturali. A questo proposito ricordo l’imminente Convegno sul tema, organizzato dalla Provincia di Milano, da Alleanza Cattolica e dall’Isiin, che si terrà a Milano sabato 19 marzo e del quale potete trovare l’invito in allegato.

Il martirio dei cristiani in Pakistan

Un secondo tema, purtroppo di drammatica attualità, riguarda la persecuzione di cui sono vittime in Pakistan i cristiani. Il ministro per le minoranze religiose, Shabaz Bhatti, è stato assassinato il 2 marzo da un commando di terroristi islamici che lo accusavano di difendere Asia Bibi, la donna cattolica in prigione con l’accusa di aver “parlato male” dell’islam e di Maometto. Aveva 42 anni ed era cattolico. Nel suo testamento spirituale aveva messo in conto la possibilità concreta di essere assassinato per la sua difesa della libertà religiosa ed in particolare per la sua opposizione alla legge dello Stato pakistano sulla blasfemia, con la quale dal 1986 (anno della sua introduzione) sono stati condannate quasi mille persone, metà delle quali, fra l’altro, musulmane. Anche il Santo Padre ha chiesto l’abolizione di questa legge, che si presta a qualsiasi abuso e viola la libertà di esprimere opinioni sull’islam. Essa è criticata anche da esponenti musulmani moderati ed è costata la vita del governatore del Punjab, Salman Taseer, un musulmano assassinato il 4 gennaio scorso da una sua guardia del corpo per gli stessi motivi che sono costati la vita del ministro Bhatti.
Ora, la cosa che stupisce e rattrista è l’indifferenza dell’opinione pubblica occidentale. Il Tg1 delle ore 20 del giorno dell’assassinio di Bhatti non ha neppure inserito la notizia fra i titoli di apertura. I giornali, salvo quelli cattolici, non hanno dato alcun risalto alla notizia. Eppure era un ministro ed era cattolico. Come avvenuto anche dopo l’assassinio del governatore del Punjab, le proteste diplomatiche sono state di circostanza, ma non sono apparse serie e convinte.
Il mondo occidentale ha perso la propria identità e anche la stessa intelligenza dei problemi internazionali, per cui reagisce soltanto quando vede direttamente compromessi, o in pericolo, i propri interessi materiali, come avviene per la Libia. Eppure non capisce che in Pakistan è in gioco una battaglia decisiva per il futuro del mondo, una battaglia contro il terrorismo e il fondamentalismo, che si combatte in Afghanistan così come all’interno dello stesso governo pakistano. Una battaglia che ha le sue vittime e i suoi martiri e che ha bisogno del sostegno dell’opinione pubblica per essere vinta.
Per questo ognuno di noi ha un compito nella guerra contro il terrorismo e il fondamentalismo, perché ogni persona può informarsi, leggere o regalare un libro, fare qualcosa che attiri l’attenzione di un pubblico distratto, aiuti a conoscere i problemi di quell’area del mondo e l’eroismo, spesso il martirio vero e proprio, di chi offre la vita per testimoniare la verità e la libertà contro ingiustizia e violenza, spesso di Stato.
Anche in questa occasione, appare la lungimiranza del Magistero pontificio che ha posto la libertà religiosa al centro delle proprie attenzioni, in particolare per la Giornata mondiale della Pace 2011, insistendo sul fatto che essa è un diritto di ogni persona a non subire interferenze da parte dello Stato in materia religiosa e non è un problema confessionale.

Beatificazione Giovanni Paolo II

Altro grande avvenimento dei prossimi mesi è la beatificazione di papa Giovanni Paolo II, prevista per il 1° maggio. Sarà probabilmente uno dei maggiori eventi della storia religiosa del mondo, per quantità dei partecipanti ed eco sui media. Mi permetto solo di aggiungere e segnalare l’attenzione anche al Magistero di questo grande Pontefice, un insegnamento enorme, durato a lungo nel tempo, in gran parte sconosciuto e comunque non ancora metabolizzato nei seminari, nelle università e istituti di formazione religiosa.

Marco Invernizzi

martedì 1 febbraio 2011

Newsletter - n. 53

Care amiche, cari amici
è disponibile un piccolo libro che vale molto di più delle 76 pagine da cui è costituito. E costa soltanto € 7,90. Lo ha scritto Francesco Pappalardo, socio di Alleanza Cattolica e studioso del Risorgimento e dell’identità italiana. Può servire a tutti coloro che vogliono farsi un’idea di che cosa sia accaduto in quel periodo cruciale della vicenda italiana che va dall’invasione francese nel 1792 al dominio napoleonico (1796-1814), per giungere al periodo propriamente risorgimentale (che però non si può capire senza il ventennio giacobino e napoleonico), che va dalla Restaurazione del 1815 alla nascita dello Stato unitario nel 1861.
Servirà a chi, avendo poco tempo a disposizione, vuole comunque affrontare i tanti nodi di questo periodo cruciale e a chi, per esempio dovendo preparare una conferenza, o tenere una lezione, o preparare un esame universitario, vuole avere una griglia di lettura dei fatti.
La griglia di lettura parte dalla distinzione fra l’Unità e il Risorgimento. La prima è stata una unificazione politica resa necessaria dal venir meno del Sacro Romano Impero, nel 1806, per volontà di Napoleone, e dal conseguente conflitto più o meno strisciante fra Stati europei che avrebbe penalizzato quelli troppo piccoli. Il Risorgimento, invece, è stata una rivoluzione culturale che ha cercato di ribaltare il senso comune degli italiani: non era necessario, soprattutto con le caratteristiche che lo hanno contrassegnato.
Il Risorgimento ha provocato tre ferite, che continuano a sanguinare nel corpo della nazione: la questione istituzionale, dovuta alla scelta di un modello centralista per lo Stato unitario; la questione meridionale, con una guerra civile durata almeno dieci anni, fino alla conquista di Roma da parte dell’esercito italiano, nel 1870; e la questione cattolica, dovuta al conflitto fra Chiesa e Stato, che il Concordato del 1929 avrebbe risolto soltanto sul piano giuridico.
Il libro di Pappalardo suggerisce una più profonda comprensione degli avvenimenti che portano all’unificazione, a cominciare dal 1848, che segna l’inizio formale della questione cattolica con il grande rifiuto di papa Pio IX di dichiarare guerra all’Austria. Aiuta anche a inquadrare i principali protagonisti, a cominciare dai cosiddetti padri della patria, dei quali crediamo di sapere tutto, ma in verità conosciamo ben poco.
Infine una breve ma importante bibliografia aiuterà ad approfondire chi avrà tempo e desiderio di farlo.
Francesco Pappalardo, L’Unità d’Italia e il Risorgimento, D’Ettoris Editori, 2010.
Potete ordinarlo a info@libreriasangiorgio.it

Il libro serve anche per ricordare l’importante appuntamento che Alleanza Cattolica si appresta a celebrare sabato 12 febbraio a Roma, nella sala del Campidoglio, per ricordare “criticamente” questo 150° anniversario della nascita dello Stato italiano.

Marco Invernizzi