Newsletter – n. 30
Care amiche, cari amici
l’Italia resiste. Resiste al processo di scristianizzazione e alla diffusione di una mentalità ostile alla vita, alla famiglia e alla libertà di educazione. Resiste più degli altri Paesi europei, dove l’eutanasia, l’equiparazione del matrimonio fra omosessuali a quello fra un uomo e una donna sono già stati legalizzati da anni. Sicuramente conta molto l’avvenuta semina di numerose generazioni di santi che per oltre duemila anni hanno operato sul nostro territorio, ma non dobbiamo dimenticare i 27 anni di pontificato di Giovanni Paolo II, nei quali il grande pontefice ha lasciato un segno importante e ha ribadito tante e importanti verità, che molti italiani hanno preso sul serio, soprattutto fra i movimenti e le associazioni laicali, spesso nonostante l’indifferenza e la superficialità di molti che pure occupano posti di grande responsabilità nel mondo cattolico ufficiale.
Benedetto XVI sta continuando questa straordinaria opera di ricostruzione dell’identità cattolica e di trasformazione dei cattolici europei in missionari della nuova evangelizzazione, ricostruzione cominciata con il discorso di apertura del Concilio Vaticano II del beato Giovanni XXIII e che sta lentamente dando i suoi frutti.
Ma non dobbiamo dimenticare altri eroi e testimoni di questa resistenza al male, spesso persone che non appartengono alla Chiesa cattolica. Uno di questi è sicuramente il ministro Maurizio Sacconi, che nei giorni scorsi (16 dicembre) ha ricordato agli istituti ospedalieri il loro dovere istituzionale di curare la vita degli ammalati e non di sopprimerla, come sarebbe accaduto se la clinica di Udine avesse accettato di far morire nella sua struttura Eluana Englaro, la donna di Lecco da 17 anni in stato di coma dopo un incidente stradale.
Ogni gesto che si oppone a chi opera contro la vita e alla cultura della morte suscita rancori, forse odio. Il ministro è stato denunciato dai radicali (e questo potrebbe apparire ovvio), ma qualcuno nella magistratura ha preso sul serio la denuncia e ora è indagato. Tuttavia il suo gesto ha salvato la vita di Eluana, almeno per ora.
Forse noi non riusciamo a spiegarci perché tanta resistenza in Italia, tanto amore per la vita degli altri che si percepisce dai gesti di generosità, dall’impegno di persone lontane dalla fede eppure radicalmente impegnate per il diritto alla vita. Quante persone, gruppi di preghiera, comunità di religiose e religiosi hanno pregato e continueranno a farlo e a offrire i loro sacrifici per conservare e incrementare la consapevolezza che la vita e la famiglia sono il fondamento della vita comune e quindi sono principi non negoziabili, come ripete il Papa, senza i quali la società implode e le relazioni fra le persone diventano sempre più dominate dall’odio.
Da parte sua Alleanza Cattolica continuerà a portare il suo contributo. Soprattutto per fare crescere la consapevolezza che la sfida contro le radici cristiane dell’Europa viene da molto lontano e che non si può sperare di resistere a lungo senza comprendere a fondo il male che ci circonda, che ha iniziato a corrompere il corpo sociale centinaia di anni fa e ha continuato a penetrare nel corpo sociale attraverso le diverse ideologie che si sono alternate nel cercare di sostituire il senso comune dei popoli. Questo male è diventato cultura, nel senso che orienta i giudizi dei singoli quasi senza che se ne accorgano e così, proprio a livello culturale, deve soprattutto essere smascherato e combattuto. Ecco dunque l’importanza del libro, della rivista, della conferenza o dei corsi di formazione, perché possono illuminare una persona, e forse un ambiente e così seminare speranza, di cui l’uomo contemporaneo ha estremo bisogno.
La speranza è essenziale per qualsiasi apostolato. Se non riusciremo a fare emergere la convinzione, in chi ci ascolta, che un impegno apostolico porta alla felicità eterna, come scriveva sant’Agostino (“contribuendo a salvare un’anima salverai la tua”), non troveremo persone disposte al sacrificio del proprio tempo. E con la speranza, la gioia. Il Papa ne ha parlato prima di Natale, incontrando la curia romana per gli auguri. E ha incitato a fare trasparire la gioia nelle nostre azioni affinché chi ci guarda rimanga colpito e si ponga una domanda. Perché la gente guarda e osserva, fa fatica a leggere e a riflettere perché crede di avere poco tempo, però incontrando persone piene di gioia perché piene di Cristo, forse ricomincerà a riflettere, a leggere e quindi ad aumentare la propria consapevolezza.
Ma la speranza viene dalla preghiera. Dalla preghiera pubblica della Chiesa, ma anche dalla preghiera personale, che mette la persona di fronte al suo Signore e Gli si abbandona, con fiducia assoluta. Allora in lei nasce la speranza che diventa e si manifesta nella gioia. Allora, e solo allora, il libro, la rivista, la conferenza diventano strumenti efficaci e fecondi di apostolato
Marco Invernizzi
Care amiche, cari amici
l’Italia resiste. Resiste al processo di scristianizzazione e alla diffusione di una mentalità ostile alla vita, alla famiglia e alla libertà di educazione. Resiste più degli altri Paesi europei, dove l’eutanasia, l’equiparazione del matrimonio fra omosessuali a quello fra un uomo e una donna sono già stati legalizzati da anni. Sicuramente conta molto l’avvenuta semina di numerose generazioni di santi che per oltre duemila anni hanno operato sul nostro territorio, ma non dobbiamo dimenticare i 27 anni di pontificato di Giovanni Paolo II, nei quali il grande pontefice ha lasciato un segno importante e ha ribadito tante e importanti verità, che molti italiani hanno preso sul serio, soprattutto fra i movimenti e le associazioni laicali, spesso nonostante l’indifferenza e la superficialità di molti che pure occupano posti di grande responsabilità nel mondo cattolico ufficiale.
Benedetto XVI sta continuando questa straordinaria opera di ricostruzione dell’identità cattolica e di trasformazione dei cattolici europei in missionari della nuova evangelizzazione, ricostruzione cominciata con il discorso di apertura del Concilio Vaticano II del beato Giovanni XXIII e che sta lentamente dando i suoi frutti.
Ma non dobbiamo dimenticare altri eroi e testimoni di questa resistenza al male, spesso persone che non appartengono alla Chiesa cattolica. Uno di questi è sicuramente il ministro Maurizio Sacconi, che nei giorni scorsi (16 dicembre) ha ricordato agli istituti ospedalieri il loro dovere istituzionale di curare la vita degli ammalati e non di sopprimerla, come sarebbe accaduto se la clinica di Udine avesse accettato di far morire nella sua struttura Eluana Englaro, la donna di Lecco da 17 anni in stato di coma dopo un incidente stradale.
Ogni gesto che si oppone a chi opera contro la vita e alla cultura della morte suscita rancori, forse odio. Il ministro è stato denunciato dai radicali (e questo potrebbe apparire ovvio), ma qualcuno nella magistratura ha preso sul serio la denuncia e ora è indagato. Tuttavia il suo gesto ha salvato la vita di Eluana, almeno per ora.
Forse noi non riusciamo a spiegarci perché tanta resistenza in Italia, tanto amore per la vita degli altri che si percepisce dai gesti di generosità, dall’impegno di persone lontane dalla fede eppure radicalmente impegnate per il diritto alla vita. Quante persone, gruppi di preghiera, comunità di religiose e religiosi hanno pregato e continueranno a farlo e a offrire i loro sacrifici per conservare e incrementare la consapevolezza che la vita e la famiglia sono il fondamento della vita comune e quindi sono principi non negoziabili, come ripete il Papa, senza i quali la società implode e le relazioni fra le persone diventano sempre più dominate dall’odio.
Da parte sua Alleanza Cattolica continuerà a portare il suo contributo. Soprattutto per fare crescere la consapevolezza che la sfida contro le radici cristiane dell’Europa viene da molto lontano e che non si può sperare di resistere a lungo senza comprendere a fondo il male che ci circonda, che ha iniziato a corrompere il corpo sociale centinaia di anni fa e ha continuato a penetrare nel corpo sociale attraverso le diverse ideologie che si sono alternate nel cercare di sostituire il senso comune dei popoli. Questo male è diventato cultura, nel senso che orienta i giudizi dei singoli quasi senza che se ne accorgano e così, proprio a livello culturale, deve soprattutto essere smascherato e combattuto. Ecco dunque l’importanza del libro, della rivista, della conferenza o dei corsi di formazione, perché possono illuminare una persona, e forse un ambiente e così seminare speranza, di cui l’uomo contemporaneo ha estremo bisogno.
La speranza è essenziale per qualsiasi apostolato. Se non riusciremo a fare emergere la convinzione, in chi ci ascolta, che un impegno apostolico porta alla felicità eterna, come scriveva sant’Agostino (“contribuendo a salvare un’anima salverai la tua”), non troveremo persone disposte al sacrificio del proprio tempo. E con la speranza, la gioia. Il Papa ne ha parlato prima di Natale, incontrando la curia romana per gli auguri. E ha incitato a fare trasparire la gioia nelle nostre azioni affinché chi ci guarda rimanga colpito e si ponga una domanda. Perché la gente guarda e osserva, fa fatica a leggere e a riflettere perché crede di avere poco tempo, però incontrando persone piene di gioia perché piene di Cristo, forse ricomincerà a riflettere, a leggere e quindi ad aumentare la propria consapevolezza.
Ma la speranza viene dalla preghiera. Dalla preghiera pubblica della Chiesa, ma anche dalla preghiera personale, che mette la persona di fronte al suo Signore e Gli si abbandona, con fiducia assoluta. Allora in lei nasce la speranza che diventa e si manifesta nella gioia. Allora, e solo allora, il libro, la rivista, la conferenza diventano strumenti efficaci e fecondi di apostolato
Marco Invernizzi
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