Quale può essere il motivo che ha spinto Beppino Englaro a portare al centro dell’attenzione del Paese il caso drammatico di sua figlia? Che cosa lo ha sostenuto, dal gennaio 1992, nella costante e credo logorante battaglia per ottenere che sua figlia potesse essere uccisa, ma con l’autorizzazione e attraverso le strutture dello Stato?
Il caso Eluana e il conflitto culturale
Sull’onda emotiva che ha coinvolto tutti nelle ultime settimane si può essere tentati di dare una risposta immediata, tagliente, senza alcuna sfumatura. L’assenza dei genitori di Eluana al funerale religioso ha ulteriormente sconcertato. Tuttavia la prudenza ci invita a giudicare i fatti, soprattutto quelli epocali, e a fermarsi di fronte alle intenzioni, che solo Dio conosce.
Un fatto certo e ribadito dai protagonisti è che il padre di Eluana ha avuto in questi anni alcuni consiglieri che non hanno nascosto lo scopo dell’azione che li ha spinti ad arrivare al punto in cui si è giunti con il trasferimento nella clinica di Udine, dove le è stata tolta l’alimentazione e l’idratazione per portarla alla morte, sopraggiunta lunedì 9 febbraio. Uno di questi consiglieri, Maurizio Mori, docente di bioetica a Torino e Presidente di un’associazione che raduna i membri del gruppo che ha affiancato Beppino Englaro in questi anni, lo ha scritto in maniera esplicita: “... il caso di Eluana è importante per il suo significato simbolico. Da questo punto di vista è l’analogo del caso creatosi con la breccia di Porta Pia attraverso cui il 20 settembre 1870 i bersaglieri entrarono nella Roma papalina. Come Porta Pia è importante non tanto come azione militare quanto come atto simbolico che ha posto fine al potere temporale dei papi e alla concezione sacrale del potere politico, così il caso Eluana apre una breccia che pone fine al potere (medico e religioso) sui corpi delle persone e (soprattutto) alla concezione sacrale della vita umana. Sospendere l’alimentazione e l’idratazione artificiali implica abbattere una concezione dell’umanità e cambiare l’idea di vita e di morte ricevuta dalla tradizione millenaria che affonda le radici nell’ippocratismo e anche prima nella visione dell’homo religiosus, per affermarne una nuova da costruire” (Il caso Eluana Englaro, Pendragon, 2009, pp. 11-12).
Se chi consiglia di tacere di fronte al dolore, reale o presunto, suscitato dalla morte drammatica di Eluana avesse la pazienza di leggere e riflettere su queste parole, smetterebbe di dare consigli buonisti e sciocchi. La battaglia che si è combattuta sul corpo della povera donna di Lecco aveva fin dall’inizio lo scopo di portare alla legalizzazione dell’eutanasia e, di più, al radicale cambiamento culturale sopra descritto dalle parole di Mori, un cambiamento inerente all’etica medica e al senso comune, nella prospettiva dell’ideologia relativista. E il padre di Eluana è stato il primo a volere che questo accadesse, come dimostra il libro di Mori e quello dello stesso Beppino (con Elena Nave, Eluana la libertà e la vita, Rizzoli, 2008).
Quindi bisogna prendere atto che siamo di fronte a una svolta importante nella vita pubblica del nostro Paese: Eluana è stata uccisa da un decreto della magistratura italiana e in Parlamento è in discussione una legge sul fine vita che non porterà immediatamente alla legalizzazione dell’eutanasia, ma che potrebbe essere o una ferma opposizione alla “dolce morte” oppure una iniziale deriva verso di essa attraverso l’approvazione di quella cosa ambigua che è il testamento biologico.
Quindi bisogna parlare, ossia bisogna prepararsi, capire che cosa stanno facendo i nemici della vita, contrastare le loro argomentazioni, non sottovalutandone l’astuzia. E abituare le persone ad accogliere il principio di realtà, la vita cioè e le sue modalità, anche quando questa vita prevede la sofferenza e il dolore.
D’altra parte non è difficile comprendere la portata e le conseguenze di quanto è accaduto. Attorno al caso Eluana è emersa una importante domanda e sono scoppiati significativi conflitti culturali e politici.
Quale è il rapporto fra la legge naturale e quella positiva, fra la realtà di una donna accudita e amata da suore meravigliose e il sogno ideologico di un gruppo che ritiene la vita disponibile quando la sua qualità viene ritenuta inadeguata?
Il conflitto politico
Io credo che il governo italiano abbia dimostrato un coraggio grande nel fare di tutto per salvare Eluana anche a costo di andare allo scontro istituzionale con il Presidente della Repubblica. Peraltro era difficile non vedere l’urgenza richiesta dal governo nel caso specifico, quando ad Eluana avevano già cominciato a togliere acqua e cibo; eppure anche questo atteggiamento del Quirinale è passato sulla stampa quasi senza critiche, come se fosse normale.
Scoppiato il conflitto istituzionale, esso ha raggiunto la Costituzione e così abbiamo assistito al paradosso di un omicidio decretato da un organo del potere giudiziario, mentre il capo del governo veniva linciato sui media perché aveva osato dire che la Costituzione non è intoccabile. Quando scriveranno la storia, se saranno onesti, dovranno pur dire che nelle stesse ore, in Italia, all’inizio del 2009, una disabile veniva condotta alla morte “legale” mentre il Presidente del consiglio che aveva cercato di salvarla veniva condotto a un “macello mediatico” senza precedenti.
Quello che è successo non è un piccolo episodio di routine. Teniamolo vivo, raccontandolo. Soprattutto stiamo attenti a quello che sta accadendo in Parlamento, convinti che è in corso una tappa importante della guerra per “cambiare l’idea di vita e di morte ricevuta dalla tradizione millenaria”. Una tradizione che ha impiegato secoli per entrare nella coscienza degli uomini e che può essere estirpata nel giro di pochi anni.
Marco Invernizzi
Il caso Eluana e il conflitto culturale
Sull’onda emotiva che ha coinvolto tutti nelle ultime settimane si può essere tentati di dare una risposta immediata, tagliente, senza alcuna sfumatura. L’assenza dei genitori di Eluana al funerale religioso ha ulteriormente sconcertato. Tuttavia la prudenza ci invita a giudicare i fatti, soprattutto quelli epocali, e a fermarsi di fronte alle intenzioni, che solo Dio conosce.
Un fatto certo e ribadito dai protagonisti è che il padre di Eluana ha avuto in questi anni alcuni consiglieri che non hanno nascosto lo scopo dell’azione che li ha spinti ad arrivare al punto in cui si è giunti con il trasferimento nella clinica di Udine, dove le è stata tolta l’alimentazione e l’idratazione per portarla alla morte, sopraggiunta lunedì 9 febbraio. Uno di questi consiglieri, Maurizio Mori, docente di bioetica a Torino e Presidente di un’associazione che raduna i membri del gruppo che ha affiancato Beppino Englaro in questi anni, lo ha scritto in maniera esplicita: “... il caso di Eluana è importante per il suo significato simbolico. Da questo punto di vista è l’analogo del caso creatosi con la breccia di Porta Pia attraverso cui il 20 settembre 1870 i bersaglieri entrarono nella Roma papalina. Come Porta Pia è importante non tanto come azione militare quanto come atto simbolico che ha posto fine al potere temporale dei papi e alla concezione sacrale del potere politico, così il caso Eluana apre una breccia che pone fine al potere (medico e religioso) sui corpi delle persone e (soprattutto) alla concezione sacrale della vita umana. Sospendere l’alimentazione e l’idratazione artificiali implica abbattere una concezione dell’umanità e cambiare l’idea di vita e di morte ricevuta dalla tradizione millenaria che affonda le radici nell’ippocratismo e anche prima nella visione dell’homo religiosus, per affermarne una nuova da costruire” (Il caso Eluana Englaro, Pendragon, 2009, pp. 11-12).
Se chi consiglia di tacere di fronte al dolore, reale o presunto, suscitato dalla morte drammatica di Eluana avesse la pazienza di leggere e riflettere su queste parole, smetterebbe di dare consigli buonisti e sciocchi. La battaglia che si è combattuta sul corpo della povera donna di Lecco aveva fin dall’inizio lo scopo di portare alla legalizzazione dell’eutanasia e, di più, al radicale cambiamento culturale sopra descritto dalle parole di Mori, un cambiamento inerente all’etica medica e al senso comune, nella prospettiva dell’ideologia relativista. E il padre di Eluana è stato il primo a volere che questo accadesse, come dimostra il libro di Mori e quello dello stesso Beppino (con Elena Nave, Eluana la libertà e la vita, Rizzoli, 2008).
Quindi bisogna prendere atto che siamo di fronte a una svolta importante nella vita pubblica del nostro Paese: Eluana è stata uccisa da un decreto della magistratura italiana e in Parlamento è in discussione una legge sul fine vita che non porterà immediatamente alla legalizzazione dell’eutanasia, ma che potrebbe essere o una ferma opposizione alla “dolce morte” oppure una iniziale deriva verso di essa attraverso l’approvazione di quella cosa ambigua che è il testamento biologico.
Quindi bisogna parlare, ossia bisogna prepararsi, capire che cosa stanno facendo i nemici della vita, contrastare le loro argomentazioni, non sottovalutandone l’astuzia. E abituare le persone ad accogliere il principio di realtà, la vita cioè e le sue modalità, anche quando questa vita prevede la sofferenza e il dolore.
D’altra parte non è difficile comprendere la portata e le conseguenze di quanto è accaduto. Attorno al caso Eluana è emersa una importante domanda e sono scoppiati significativi conflitti culturali e politici.
Quale è il rapporto fra la legge naturale e quella positiva, fra la realtà di una donna accudita e amata da suore meravigliose e il sogno ideologico di un gruppo che ritiene la vita disponibile quando la sua qualità viene ritenuta inadeguata?
Il conflitto politico
Io credo che il governo italiano abbia dimostrato un coraggio grande nel fare di tutto per salvare Eluana anche a costo di andare allo scontro istituzionale con il Presidente della Repubblica. Peraltro era difficile non vedere l’urgenza richiesta dal governo nel caso specifico, quando ad Eluana avevano già cominciato a togliere acqua e cibo; eppure anche questo atteggiamento del Quirinale è passato sulla stampa quasi senza critiche, come se fosse normale.
Scoppiato il conflitto istituzionale, esso ha raggiunto la Costituzione e così abbiamo assistito al paradosso di un omicidio decretato da un organo del potere giudiziario, mentre il capo del governo veniva linciato sui media perché aveva osato dire che la Costituzione non è intoccabile. Quando scriveranno la storia, se saranno onesti, dovranno pur dire che nelle stesse ore, in Italia, all’inizio del 2009, una disabile veniva condotta alla morte “legale” mentre il Presidente del consiglio che aveva cercato di salvarla veniva condotto a un “macello mediatico” senza precedenti.
Quello che è successo non è un piccolo episodio di routine. Teniamolo vivo, raccontandolo. Soprattutto stiamo attenti a quello che sta accadendo in Parlamento, convinti che è in corso una tappa importante della guerra per “cambiare l’idea di vita e di morte ricevuta dalla tradizione millenaria”. Una tradizione che ha impiegato secoli per entrare nella coscienza degli uomini e che può essere estirpata nel giro di pochi anni.
Marco Invernizzi
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