In memoriam
E' morto a Genova giovedì 7 maggio don Gianni Baget Bozzo. Aveva 84 anni.
Sacerdote, teologo e politologo, uomo di grande cultura e di sicura fedeltà alla Chiesa, ha avuto una biografia culturale e politica estremamente complessa. Ripercorrerla significa rivedere le fasi salienti della recente storia italiana, i nodi principali che lo hanno visto attento e intelligente analista e interprete, e spesso anche protagonista.
Come ha scritto lui stesso in una sorta di autobiografia uscita nel 1997 su Panorama, richiestagli dall’allora direttore Giuliano Ferrara, la sua patria è stata sempre e soprattutto la Chiesa. Per questo, giovane studente liceale negli ultimi anni del regime fascista, alle prese con lo scontro ideologico tra fascisti e comunisti, scelse la Chiesa e i suoi eroi erano gli zuavi pontifici caduti a Castelfidardo per difendere il Papa nel 1859.
Negli anni della caduta del Regime e della Resistenza si avvicinò alla Democrazia Cristiana e a quella figura che avrà un peso tanto rilevante nella cultura del cattolicesimo democratico, Giuseppe Dossetti. La vicinanza alla sinistra Dc sarà breve ma anche l’altra Dc, quella di Alcide De Gasperi, non appagherà il suo desiderio di fondare la politica su princìpi che andassero al di là della politica stessa come esercizio del potere.
Nel 1959 Baget Bozzo assume la direzione della rivista L’Ordine Civile — una testata a lui ceduta da Luigi Gedda — e de Lo Stato. All’epoca il futuro sacerdote è il primo a formulare una critica contro la partitocrazia e a schierarsi per l’elezione diretta del capo dello Stato, come espressione di distinzione della società, della politica e delle istituzioni. In questo periodo appoggia il governo del democristiano Tambroni, sostenuto dai voti del Msi, e dopo il drammatico fallimento di questo governo, travolto dalle rivolte di piazza da parte di gruppi anche armati nell’estate del 1960 e dal tradimento dei vertici della stessa Dc, forma il Movimento per l’Ordine Civile, appunto con lo scopo di opporsi alla nascita dei primi governi di centro-sinistra.
Ma l’esperimento non porta a felici risultati soprattutto a causa dell’ostilità della Gerarchia ecclesiastica e così don Gianni si ritira dalla politica e si laurea in teologia, nel 1966, in Laterano. L’anno successivo viene ordinato sacerdote, a Genova, dal cardinal Siri, e nel frattempo comincia a dirigere una rivista teologica di impostazione conservatrice, Renovatio, sempre nell’ambito della diocesi genovese guidata dall’arcivescovo al quale sarà sempre molto legato.
Inizia così il periodo più confuso e discutibile della sua vita pubblica, quando comincia a scrivere su la Repubblica, accomunato dall’avversione alla Dc e dalla speranza di una evoluzione liberale del Pci, come ha scritto lui stesso nell’autobiografia apparsa su Panorama.
In questi anni viene in contatto con Bettino Craxi e ne diventa consigliere. In lui vedeva l’artefice del tentativo di ribaltare le posizioni di forza all’interno della sinistra italiana, a favore di un Psi riformista e occidentale, avverso al Pci. Nel 1984 viene eletto europarlamentare socialista e l’anno successivo viene, di conseguenza, sospeso a divinis dal card. Siri, anche se non smetterà di celebrare la Messa in privato, a Bruxelles, nel suo piccolo studio, come testimonierà Giuliano Ferrara che vi assistette alcune volte.
In Craxi vedeva una soluzione politica per l’Italia, attraverso la sconfitta della Dc che non aveva più alcuna cultura politica. Scriverà che “secondo la tradizione della Chiesa, espressa dal pensiero di San Tommaso, la politica andava fondata sulla legge naturale e non sulla fede e l’obbedienza alla Chiesa”. La scelta fu drammatica e lacerante, ma a chi gli obiettava di aver scelto il partito del divorzio e dell’aborto rispondeva che le due leggi erano firmate da ministri dc e nessuno di essi aveva scelto di fare come re Baldovino, cioè dimettersi.
Il suo mandato, rinnovato per una seconda legislatura, terminò nel 1994, quando poté rientrare pienamente nella comunione ecclesiale. Nello stesso anno Berlusconi vinse le elezioni dopo che era venuta meno, in seguito alla caduta del Muro di Berlino nel 1989 e a Tangentopoli, l’unità politica dei cattolici nella Dc. Nel corso dello stesso anno partecipa così alla fondazione di Forza Italia, di cui redige successivamente la Carta dei Valori cercando di radicarla culturalmente nell’orizzonte del «liberalismo popolare». Collabora con alcune testate giornalistiche come Panorama e i quotidiani il Giornale, La Stampa e Il Secolo XIX, rivestendo inoltre la carica di direttore responsabile di Ragionpolitica, periodico telematico dell’area politico-culturale che fa riferimento al Popolo della Libertà.
Diventa così uno dei principali consiglieri di Berlusconi e uno dei responsabili della formazione di Forza Italia; conclusa l’esperienza della Dc, il suo nemico era sempre il partito postcomunista (la “gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto e le successive metamorfosi), con la sua pretesa di egemonizzare l’Italia.
Sarà proprio in occasione della rievocazione del 50° anniversario della vittoria elettorale del 18 aprile 1948 che Baget Bozzo parteciperà a Milano, nel 1998, a una manifestazione pubblica di Alleanza Cattolica, dove presenterà le sue tesi, certamente diverse, ma simili nella critica dello sperpero operato dal partito di ispirazione cristiana dello straordinario patrimonio di consenso affidatogli dal popolo italiano in occasione di quella straordinaria giornata, che segna la vera nascita dell’Italia moderna, antisocialcomunista e radicata nella storia dell’Occidente cristiano.
Marco Invernizzi
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