Care amiche, cari amici
nel prossimo anno si svolgeranno molte iniziative per la celebrazione del 150° anniversario dell’unità d’Italia (1861-2011).
Il tema è molto importante perché offre la possibilità di riflettere su che “cosa è l’Italia” e su “chi sono gli italiani”, cioè di favorire un esame di coscienza collettivo circa l’identità della nostra nazione. Ricordo anche che nel 1861 non nasce l’Italia, che esisteva almeno da un millennio, ma lo Stato nazionale, cioè un nuovo vestito per un corpo antico.
Una riflessione di questo tipo non è mai senza conseguenze, perché un popolo vive e cresce soprattutto attraverso la percezione che ha di se stesso. Questa percezione si forma soprattutto attraverso una riflessione sul proprio passato, sulla risposta che viene data alle grandi domande relative alla propria storia nazionale. So che molti diranno che oggi pochissimi sono interessati ad avere una qualsiasi interpretazione della propria storia nazionale, ma forse proprio questo è uno degli aspetti più gravi del problema. Infatti, un popolo che non conosce il proprio passato, che non sente il desiderio di riconoscersi in una identità culturale, assomiglia a un uomo che non conosce i propri genitori, i propri nonni, insomma una persona senza radici, una persona essenzialmente debole. Un popolo così è facilmente manipolabile.
Vi sono due aspetti che mi piace mettere in luce subito a proposito di questa importante ricorrenza e che costituiranno il motivo di fondo dell’attenzione che Alleanza Cattolica dedicherà a questo anniversario.
I due aspetti sono l’Unità e il Risorgimento.
L’unità politica è l’esito di quel processo politico iniziato con l’occupazione dell’Italia da parte delle truppe francesi dal 1792 fino alla definitiva sconfitta di Napoleone nel 1815, ripreso attraverso i moti rivoluzionari del 1848, culminato nella proclamazione del Regno d’Italia nel 1861 e che si compirà con l’invasione di Roma da parte dell’esercito italiano nel 1870 attraverso la Breccia di Porta Pia.
Oggi abbiamo alle spalle 150 anni di storia unitaria, raggiunta attraverso strappi e violenze, ma un altro strappo e nuove violenze servirebbero soltanto a esasperare le ferite. L’Unità va mantenuta.
Il Risorgimento è un’altra cosa. Esso è il modo in cui questa unificazione è avvenuta, cioè riguarda le finalità ideologiche e le modalità politiche e militari con cui l’Italia è diventata uno Stato nazionale. Se l’unità è una realtà che sarebbe “ideologico” e imprudente disprezzare, sul Risorgimento bisogna dare un giudizio. Esso ha provocato alcune ferite profonde nel corpo sociale e queste ferite vanno conosciute, giudicate, per poter essere medicate e accettate.
Il Risorgimento ha provocato almeno tre ferite che hanno determinato a loro volta tre questioni, ancora aperte: la “questione cattolica”, la “questione federalista”, la “questione meridionale”. La prima è avvenuta in seguito al fatto che dopo il 1848 chi ha voluto unificare l’Italia lo ha fatto consapevolmente contro le sue radici cristiane. La seconda ferita riguarda la forma dello Stato, essendo stato scelto un modello centralista invece di un abito federalista, così palesemente più adatto alle caratteristiche dell’Italia preunitaria. La terza questione nasce dal fatto che fra il 1860 e il 1870 c’è stata in Meridione una guerra civile che ha provocato circa 10mila morti, in seguito all’occupazione dell’esercito italiano.
Queste tre ferite hanno continuato a sanguinare, in modi diversi, nei 150 anni trascorsi, e soprattutto sono state affrontate con preclusioni ideologiche, anche se qualcosa è certamente migliorato negli ultimi vent’anni, dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989.
Ma non volevo scrivervi di questo, bensì raccomandarvi un Quaderno del Timone appunto sul tema Il Risorgimento, appena uscito, scritto da Francesco Pappalardo, un caro amico direttore dell’Istituto per la dottrina e l’informazione sociale (IDIS), oltre che autore di diverse e importanti opere storiche. Si tratta di una preziosa introduzione al tema, leggibile da chiunque eppure profonda.
Potete richiederla alla libreria san Giorgio (info@libreriasangiorgio.it), costa solo 6 €.
Marco Invernizzi
nel prossimo anno si svolgeranno molte iniziative per la celebrazione del 150° anniversario dell’unità d’Italia (1861-2011).
Il tema è molto importante perché offre la possibilità di riflettere su che “cosa è l’Italia” e su “chi sono gli italiani”, cioè di favorire un esame di coscienza collettivo circa l’identità della nostra nazione. Ricordo anche che nel 1861 non nasce l’Italia, che esisteva almeno da un millennio, ma lo Stato nazionale, cioè un nuovo vestito per un corpo antico.
Una riflessione di questo tipo non è mai senza conseguenze, perché un popolo vive e cresce soprattutto attraverso la percezione che ha di se stesso. Questa percezione si forma soprattutto attraverso una riflessione sul proprio passato, sulla risposta che viene data alle grandi domande relative alla propria storia nazionale. So che molti diranno che oggi pochissimi sono interessati ad avere una qualsiasi interpretazione della propria storia nazionale, ma forse proprio questo è uno degli aspetti più gravi del problema. Infatti, un popolo che non conosce il proprio passato, che non sente il desiderio di riconoscersi in una identità culturale, assomiglia a un uomo che non conosce i propri genitori, i propri nonni, insomma una persona senza radici, una persona essenzialmente debole. Un popolo così è facilmente manipolabile.
Vi sono due aspetti che mi piace mettere in luce subito a proposito di questa importante ricorrenza e che costituiranno il motivo di fondo dell’attenzione che Alleanza Cattolica dedicherà a questo anniversario.
I due aspetti sono l’Unità e il Risorgimento.
L’unità politica è l’esito di quel processo politico iniziato con l’occupazione dell’Italia da parte delle truppe francesi dal 1792 fino alla definitiva sconfitta di Napoleone nel 1815, ripreso attraverso i moti rivoluzionari del 1848, culminato nella proclamazione del Regno d’Italia nel 1861 e che si compirà con l’invasione di Roma da parte dell’esercito italiano nel 1870 attraverso la Breccia di Porta Pia.
Oggi abbiamo alle spalle 150 anni di storia unitaria, raggiunta attraverso strappi e violenze, ma un altro strappo e nuove violenze servirebbero soltanto a esasperare le ferite. L’Unità va mantenuta.
Il Risorgimento è un’altra cosa. Esso è il modo in cui questa unificazione è avvenuta, cioè riguarda le finalità ideologiche e le modalità politiche e militari con cui l’Italia è diventata uno Stato nazionale. Se l’unità è una realtà che sarebbe “ideologico” e imprudente disprezzare, sul Risorgimento bisogna dare un giudizio. Esso ha provocato alcune ferite profonde nel corpo sociale e queste ferite vanno conosciute, giudicate, per poter essere medicate e accettate.
Il Risorgimento ha provocato almeno tre ferite che hanno determinato a loro volta tre questioni, ancora aperte: la “questione cattolica”, la “questione federalista”, la “questione meridionale”. La prima è avvenuta in seguito al fatto che dopo il 1848 chi ha voluto unificare l’Italia lo ha fatto consapevolmente contro le sue radici cristiane. La seconda ferita riguarda la forma dello Stato, essendo stato scelto un modello centralista invece di un abito federalista, così palesemente più adatto alle caratteristiche dell’Italia preunitaria. La terza questione nasce dal fatto che fra il 1860 e il 1870 c’è stata in Meridione una guerra civile che ha provocato circa 10mila morti, in seguito all’occupazione dell’esercito italiano.
Queste tre ferite hanno continuato a sanguinare, in modi diversi, nei 150 anni trascorsi, e soprattutto sono state affrontate con preclusioni ideologiche, anche se qualcosa è certamente migliorato negli ultimi vent’anni, dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989.
Ma non volevo scrivervi di questo, bensì raccomandarvi un Quaderno del Timone appunto sul tema Il Risorgimento, appena uscito, scritto da Francesco Pappalardo, un caro amico direttore dell’Istituto per la dottrina e l’informazione sociale (IDIS), oltre che autore di diverse e importanti opere storiche. Si tratta di una preziosa introduzione al tema, leggibile da chiunque eppure profonda.
Potete richiederla alla libreria san Giorgio (info@libreriasangiorgio.it), costa solo 6 €.
Marco Invernizzi
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