venerdì 6 aprile 2012
lunedì 12 marzo 2012
Newsletter - n. 64
Care amiche, cari amici,
vi scrivo in un momento forte dell'anno liturgico, la Quaresima, e vi suggerisco di prendere in mano durante questi giorni che precedono la Pasqua un testo tanto importante quanto poco usato nelle nostre comunità cristiane, il Catechismo della Chiesa Cattolica.
Quest'ultimo è lo strumento più adatto a vincere la malattia principale del nostro tempo, il relativismo. Questo non è tanto un'ideologia quanto una condizione sociale, cioè non aggredisce il corpo sociale per cambiarlo, come facevano le ideologie del XX secolo, ma penetra dentro la mentalità delle persone e trasforma la società. Il suo effetto più evidente e pericoloso è l'incomunicabilità che genera fra le persone perché se ciascuno possiede valori diversi e contrari a quelli degli altri, allora la vita pubblica diventa invivibile. Se nel XX secolo le ideologie dividevano la società in partiti ideologicamente contrapposti, oggi ogni uomo ha un'ideologia propria e la comunicazione diventa sempre più difficile.
Ma che cosa c'entra il Catechismo con il relativismo? C'entra perché il relativismo come modo di pensare è penetrato anche dentro il mondo cattolico e impedisce a volte ai fedeli di avere un giudizio condiviso anche su temi inerenti alla fede. Certamente non possiamo pensare che il Catechismo venga utilizzato dai non credenti, ma se soltanto tutti i cattolici lo studiassero potrebbero cominciare ad affrontare i temi dottrinali, morali, sociali usando lo stesso linguaggio. Questo sarebbe importantissimo, perché se i fedeli trovassero l'unità di linguaggio e fossero d'accordo sulle cose principali che sono contenute nel Catechismo, anche il loro annuncio della fede diventerebbe molto più convincente. È probabilmente vano sperare che i fedeli si mettano a leggere e a studiare il Catechismo da soli, ma se in ogni parrocchia e all'interno delle associazioni si prendesse l'abitudine di costituire dei gruppi per studiare il Catechismo e se quest'ultimo divenisse oggetto della catechesi degli adulti, allora si raggiungerebbe in breve tempo una omogeneità e una comunione attualmente lontanissime dalla realtà.
Quest'anno ricorre il XX anniversario della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. Alleanza Cattolica lo ricorderà con un importante convegno che si terrà a Roma sabato 19 maggio, nella sala San Pio X in via della Conciliazione. Nei prossimi giorni vi daremo il programma preciso. Già da ora possiamo dirvi che il tema del convegno sarà il rapporto fra il Catechismo e la nuova evangelizzazione e che saranno presenti con due lezioni magistrali il card. Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione del clero, e il vescovo mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione.
Speriamo che molti anche da Milano possano partecipare a questo importante incontro.
Buona Quaresima e buona Pasqua
Marco Invernizzi
martedì 6 marzo 2012
Newsletter - n. 63
Care amiche, cari amici,
il “Forum delle associazioni familiari” raggruppa oltre 50 associazioni che hanno la famiglia come motivazione importante del loro impegno, fra cui anche Alleanza Cattolica. Spesso deve tenere conto delle diverse sensibilità presenti al suo interno. In questo comunicato troviamo un messaggio di preoccupazione per il futuro della famiglia dopo i recenti provvedimenti del governo Monti che condividiamo in pieno e sottolineiamo alla vostra attenzione.
MONTI COME QUINTINO SELLA.
PER RISANARE LE FINANZE
SI PESCA ANCORA NELLE TASCHE DELLE FAMIGLIE
«La promessa di riduzione delle aliquote fiscali non ci aveva mai convinto fino in fondo» commenta Francesco Belletti, presidente del Forum «e la lettura dell’Atto di indirizzo della politica fiscale ci conferma nei nostri timori.
«Che il taglio delle tasse sul reddito sia finanziato da un incremento delle imposte indirette è come dare con la destra mentre si riprende con la sinistra. Con l’aggravante che l’aumento dell’Iva è indiscriminato e colpirà ugualmente tutti i contribuenti senza fare distinzione sul reddito disponibile o sui carichi familiari che gravano sul quel reddito. Non c’è ingiustizia peggiore che trattare nello stesso modo situazioni diverse.
«Vengono così cancellate tutte le promesse di equità e di fisco family friendly. La grande ingiustizia di un sistema fiscale che grava in modo uguale sul single e su chi nutre, cresce ed educa i cittadini di domani, non viene cancellata. Anzi, il governo fa addirittura un salto di qualità: invece di perdere tempo nei soliti, singoli, aumenti di tabacchi, benzina, energia... in un colpo solo farebbe schizzare in alto tutti i prezzi, mortificando il sistema economico e portando alle estreme conseguenze la logica che fu di Quintino Sella: servono soldi? tutto si può tassare, anche la farina. Cioè il pane. Cioè la vita.
«E chi ha più bocche da sfamare e figli da accudire, specie se l’aumento dovesse riguardare anche i beni di largo consumo, ancora una volta, pagherà più degli altri».
_______________________________________
Daniele Nardi
Capo ufficio stampa
Forum delle associazioni familiari
giovedì 1 marzo 2012
Newsletter - n. 62
Care amiche, cari amici,
sul fronte delle politiche per la famiglia, negli ultimi giorni sono arrivate notizie buone e notizie cattive. La notizia buona viene dalla Regione Lombardia, che ha deciso di introdurre il “Fattore Famiglia” nella propria legislazione. Cosa significa?
Sappiamo che in Italia, purtroppo, le politiche di welfare hanno per destinatari i cittadini e non la famiglia. Nel sistema fiscale italiano il variare dell’aliquota è determinato esclusivamente dal reddito percepito e non dal numero dei familiari a carico. Chi ha figli a carico si trova applicata la medesima pressione fiscale di chi non ne ha.
Con una sussidiarietà alla rovescia, oggi sono le famiglie che compensano la mancanza di welfare pubblico, che sostengono il peso della società e dell’economia. La famiglia è ormai un ammortizzatore sociale: bisogna riconoscere che ancora oggi la maggior parte dei bisogni dei cittadini viene soddisfatta dalla famiglia e dalle associazioni che la società civile ha saputo creare.
In Italia manca un piano per la famiglia, nonostante i molti appelli rivolti ai governi. Ci vorrebbe insomma un fisco a misura di famiglia.
Qualche piccolo passo in avanti si è visto a livello locale. In seguito alla riforma costituzionale comunemente definita "devolution", che riconosce in alcune materie sempre maggior peso alle Regioni ed agli enti locali, esistono delle “buone pratiche” di politiche familiari realizzate a livello locale da alcuni Comuni.
Ma la Lombardia è la prima Regione ad introdurre nella propria legislazione il “Fattore Famiglia”. Lo scorso 15 febbraio il Consiglio Regionale Lombardo ha approvato l’indicatore per le politiche sociali, che tiene conto non solo delle situazioni reddituali e patrimoniali, ma contempla anche a pieno titolo il numero di figli e i carichi di cura, ad esempio la presenza nel nucleo familiare di anziani non autosufficienti o di disabili.
Il “Fattore Famiglia” sarà sperimentato per un anno in alcuni Comuni del territorio lombardo. A livello regionale ha già trovato applicazione per quanto riguarda la Dote scuola 2012-2013, misura che interessa un terzo degli studenti lombardi (circa 300.000) con uno stanziamento di 81 milioni e che, con i nuovi parametri applicati, darà diritto alla Dote a 8.000 famiglie in più dello scorso anno. Si tratta di un importante provvedimento, a tutela di quell’altro importante principio non negoziabile che è la libertà di educazione.
Il voto del Consiglio regionale realizza uno degli obiettivi programmatici più qualificanti della Giunta Formigoni e conferma la forte attenzione della Regione Lombardia verso la famiglia, riconoscendo i compiti che essa svolge nella società.
Se dalla Regione Lombardia arrivano buone notizie per la famiglia, non altrettanto si può dire del Comune di Milano: il sindaco Giuliano Pisapia ha recentemente ribadito di voler mantenere le promesse fatte in campagna elettorale e di voler procedere nell’istituzione del “registro delle unioni civili”. Inoltre, l’Assessorato al welfare del Comune di Milano non rinnovando lo stanziamento al Servizio “Informafamiglia”, la cui gestione era affidata al Forum Milanese delle Associazioni Familiari, ne ha determinato la chiusura: si trattava di un servizio rivolto gratuitamente alle famiglie, con il compito di aiutarle a mettere a fuoco le cause delle loro difficoltà e avviarle al giusto percorso di aiuto.
Non solo il Comune di Milano ignora la richiesta di sostegno economico e di servizi alla famiglia naturale fondata sul matrimonio, con figli a carico, ma prosegue nella progressiva opera di cancellazione della famiglia, come se le varie tipologie di legami fossero tutte sullo stesso piano.
Con queste notizie, alcune buone altre cattive, Milano si prepara all’arrivo del Pontefice, in occasione dell’Incontro Mondiale delle Famiglie. Sarà importante dare testimonianza della forza e del valore della famiglia nella società, oggi più che mai sotto assedio sul piano economico, fiscale, sociale, culturale e antropologico.
A questo proposito, vi annunciamo che Alleanza Cattolica sarà presente con un proprio stand alla Fiera Internazionale della Famiglia, manifestazione in programma a Milano dal 29 maggio al 2 giugno 2012, e parte integrante del VII Incontro mondiale delle famiglie: un’importante vetrina, di grande visibilità, che ci permetterà di dare il nostro contributo all’evento, a difesa di una società “a misura d’uomo e secondo il piano di Dio.” (Beato Giovanni Paolo II).
La fiera si svolgerà presso il Mico - Milano congressi in viale Scarampo (Fieramilanocity). Alla fiera, che sarà ad ingresso gratuito, si prevede la partecipazione di 50.000 visitatori.
Marco Invernizzi
lunedì 9 gennaio 2012
Newsletter - n. 61
Care amiche, cari amici,
Il 2012 per la Chiesa cattolica sarà dedicato alla Fede. Comincerà infatti l'11 ottobre un anno dedicato alla prima virtù teologale, in occasione del 50 anniversario dell'inaugurazione del Concilio Vaticano II e del 20 della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. Quest'ultimo sarà in qualche modo al centro dell'anno, se non altro perché strumento indispensabile e punto di riferimento per la conoscenza e la trasmissione dei contenuti della Fede.
Anche Alleanza Cattolica parteciperà alla preparazione dell'Anno con un convegno sul tema della catechesi e del Catechismo, che si terrà a Roma nei prossimi mesi. Inoltre, già da qualche mese è possibile invitare qualcuno dell'associazione a tenere una conferenza che illustri la bellezza e l'importanza del secondo catechismo universale voluto dalla Chiesa dopo il Vaticano II.
Sul piano politico, l'Italia sta conoscendo la dura esperienza di un governo voluto dal Presidente della Repubblica, dopo una drammatica aggressione finanziaria che ha offerto il pretesto per sostituire il governo Berlusconi con un altro composto da tecnici non eletti. Un governo, quest'ultimo, che ha drasticamente aumentato le tasse già estremamente elevate e nulla sta dimostrando di voler fare invece per diminuire le spese dello Stato, facendolo uscire da quei settori in cui la società potrebbe fare meglio e senza spendere il denaro pubblico.
In un tempo in cui la classe politica sta letteralmente uscendo dalla scena pubblica, anche per la sua manifesta inadeguatezza, Alleanza Cattolica vuole ricordare che la costruzione del bene temporale di una comunità, che è il fine della politica, non solo è cosa necessaria ma è anche una cosa buona, purché le persone che vi si dedicano abbiano un minimo di preparazione, oltre alla buona volontà.
Per questo nei mesi di marzo e aprile, a Milano, verrà organizzato un secondo corso di formazione politica dopo il buon esito del primo, svoltosi in ottobre e novembre. Il tema questa volta riguarderà le caratteristiche storiche e culturali dei principali movimenti e partiti politici italiani. Un tema in controtendenza rispetto alla cultura egemone, molto tecnica se non tecnocratica, ma da conoscere per chi volesse impegnarsi, o anche solo interessarsi, di politica.
A breve riceverete le informazioni necessarie per l'iscrizione. Con esse riceverete anche le informazioni relative alle prossime conferenze e a tutte le novità librarie inerenti alla vita di Alleanza cattolica a Milano.
Un caro augurio per un 2012 di santità e di serenità.
Marco Invernizzi
domenica 11 dicembre 2011
Newsletter - n. 60
Care amiche, cari amici
vi allego il testo del manifesto-comunicato che Alleanza Cattolica sta diffondendo a proposito del nuovo governo guidato dal senatore Mario Monti.
Siamo entrati in una fase nuova della vita nazionale, seguita a una guerra finanziaria che ha visto la sconfitta dell'Italia e la caduta del governo presieduto da Silvio Berlusconi. In questa nuova situazione bisogna cercare di salvaguardare quanto di buono è stato costruito negli ultimi 17 anni, e in particolare l'alleanza fra il Pdl e la Lega nella prospettiva di costruire un polo politico conservatore che ostacoli efficacemente l'avanzata del processo di disgregazione dell'Italia.
Marco Invernizzi
Alleanza Cattolica sul governo Monti
Roma, 5 dicembre 2011.
Dopo l'annuncio di gravosi provvedimenti economici, che fra l'altro – e ancora una volta – non comportano quei sostegni alle famiglie con figli a carico che molti avevano auspicato, persone molto per bene, ugualmente leali al bene comune dell'Italia e ispirate dalla dottrina sociale della Chiesa, rischiano oggi di dividersi fra loro sulla questione se, dopo le dimissioni del presidente del Consiglio on. Silvio Berlusconi, chi aveva sostenuto il suo governo debba oggi appoggiare l'esecutivo guidato dal sen. Mario Monti e appoggiato anche dal Partito Democratico e dal Terzo Polo, o debba insistere per immediate nuove elezioni. Sembra importante che amicizie politiche e culturali, talora antiche, non si rompano su questo punto e che si ricordino alcuni aspetti essenziali.
1. Almeno dal 2008 è in corso una guerra mondiale più difficile da capire di altre, perché combattuta non su campi di battaglia militari – almeno non principalmente, perché non mancano episodi di questo genere, come la guerra in Libia – ma nelle borse, nelle banche e nel sistema finanziario internazionale. Che questa sia una modalità delle moderne guerre dette «asimmetriche», a proposito delle quali la parola «guerra» è usata in senso proprio e non solo metaforico, è stato chiarito dagli stessi ideatori della nozione di «guerra asimmetrica», i colonnelli dell'esercito della Repubblica Popolare Cinese Qiao Liang e Wang Xiangsui, che nel loro libro Guerre senza limiti. L'arte della guerra asimmetrica tra terrorismo e globalizzazione (trad. it. a cura del Generale Fabio Mini, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia 2001), talora presentato come «la Bibbia dei nuovi conflitti», oltre all'esempio del terrorismo citano precisamente quello delle aggressioni attraverso tecniche di tipo finanziario. Dopo che la crisi del 2008, seguita dall'elezione di un presidente degli Stati Uniti particolarmente inadatto a governarla, ha dimostrato che per la prima volta dopo la fine della Seconda guerra mondiale l'egemonia statunitense può essere messa in discussione, si è scatenata una guerra asimmetrica di tutti contro tutti per cercare di sostituirla con «qualche cos'altro», dove i principali contendenti sono la Cina, alcuni Paesi arabi – che si muovono anche secondo una logica di tipo religioso –, e il BRI, sigla riferita a Brasile-Russia-India, Paesi che si considerano le potenze economiche emergenti del futuro e formano il cosiddetto BRIC con la Cina, con cui però hanno interessi non coincidenti.
2. Per cercare di giocare un ruolo in questa guerra, dove l'Europa parte da una posizione piuttosto marginale, Germania e Francia – la prima più forte economicamente, la seconda assai più debole, ma con una rete migliore di contatti politici e d'intelligence internazionali con alcuni dei protagonisti principali, in particolare con il mondo arabo tramite l'alleanza con il Qatar, Paese molto importante anche perché del mondo islamico controlla, e spesso manipola, l'informazione tramite la rete televisivaal-Jazzira – hanno deciso di presentarsi come «direttorio» e di cercare di egemonizzare l'intera Unione Europea, attaccando con manovre piuttosto brutali e spericolate – talora pericolose anche per loro – le economie europee che presentavano un certo grado d'indipendenza, a cominciare da quella italiana, sia tramite un attacco finanziario sia attraverso il colpo portato agli interessi energetici più indipendenti tramite la guerra in Libia e il tentativo d'inserire cunei nei rapporti fra alcuni Paesi europei e la Russia.
3. Questa autentica guerra non è stata capita, se non da pochi osservatori particolarmente acuti rimasti inascoltati, in un'Italia persa nelle sue beghe politiche nazionali. Pur di scalzare il governo Berlusconi, qualche volta senza capire che cosa stava succedendo ma altre volte capendolo fin troppo bene e rendendosi quindi colpevoli di un vero e proprio tradimento, forze politiche di opposizione, poteri forti economici e culturali ostili per diverse ragioni al governo, e grandi giornali sostanzialmente infeudati a questi poteri, hanno agito oggettivamente da quinte colonne di questo attacco straniero al nostro Paese.
4. Indebolito non solo dalle quinte colonne – il cui ruolo proditorio e antinazionale va comunque denunciato senza infingimenti – ma anche da comportamenti privati del presidente del Consiglio – perseguiti da magistrati ostili e messi in piazza dai media portavoce dei poteri forti con modalità discutibili e talora scandalose, ma non da loro inventati –, da una notevole litigiosità interna e da una qualità e capacità di comprensione di scenari internazionali complessi rivelatesi alla prova dei fatti spesso gravemente insufficienti, il centro-destra – come dimostra per esempio la vicenda della Libia – non è stato in grado né di resistere alla guerra scatenata contro l'Italia né di spiegare agli italiani che una guerra era in atto.
5. Le cifre ormai catastrofiche dell'attacco finanziario – da non confondersi con le cifre dell'economia reale, che però in questo scenario di guerra mondiale diventa sempre meno rilevante –, il quotidiano passaggio di aziende di eccellenza italiane in mani straniere, l'evoluzione della situazione in Libia, assai meno rassicurante per gl'interessi italiani di quanto si voglia far credere, mostrano che la guerra è stata perduta. Chi non si rende conto di questa circostanza, o si rifiuta di vederla, ha poi difficoltà a capire tutto il resto.
6. Nelle nuove guerre non sono previste occupazioni del territorio sconfitto – se non, ancora, economiche – ma è previsto il commissariamento dei vinti attraverso un governo che risponda ai vincitori, i quali ne dettano le condizioni di funzionamento: un «governo Badoglio» o se si preferisce – ma le vicende storiche furono diverse – un «governo Pétain».
7. Se è vero che abbiamo perso la guerra, non possiamo sfuggire a questo tipo di governo. Lo può votare, sotto pressione dei vincitori, il Parlamento. O lo possono votare gli elettori, i quali però non saranno molto più liberi dei parlamentari perché le potenze vincitrici ripeteranno loro tutti i giorni che o «voteranno bene» o «staranno puniti» con altri durissimi attacchi che li impoveriranno oltre il limite del tollerabile, con gravi conseguenze anche per l'ordine pubblico: gli «indignados» insegnano. È possibile che i vincitori della guerra abbiamo referenti e preferenze diverse quanto alle persone: c'è chi conosce da anni il sen. Monti, chi accetterebbe l'on. Pier Luigi Bersani o magari il sindaco di Firenze dottor Matteo Renzi dopo un passaggio elettorale – in cui peraltro ben potrebbe candidarsi lo stesso sen. Monti, verosimilmente riscuotendo un vasto consenso –, perfino chi a suo tempo ha fatto delle promesse all'on. Gianfranco Fini o chi frequenta il dottor Luca Cordero di Montezemolo. Quella che può essere in discussione però è la scelta delle persone, non della politica, che è stata già dettata dai vincitori e che in gran parte è contenuta nella nota lettera della Banca Centrale Europea.
8. Che il «governo Badoglio» a sovranità limitata e sotto vigilanza dei vincitori sia nato subito con il sen. Monti ovvero rinasca dopo un passaggio elettorale con i carri armati – metaforicamente ma non troppo – fuori dei seggi non è forse l'elemento decisivo, e non dovrebbe dividere chi ha davvero a cuore le sorti della patria. Pochi o nessuno sanno davvero che fare, ma un buon punto di partenza è prendere atto che la guerra è stata perduta. Continua fra altri e con altri scenari, che forse in futuro potranno darci qualche vantaggio. Quanto ai «governi Badoglio» – che vengono comunque, con o senza elezioni – il dilemma che si pose durante e dopo la Seconda guerra mondiale in vari Paesi di volta in volta sconfitti – se stare dentro un governo sostanzialmente imposto dallo straniero, con lo scopo di alleviare le sofferenze della popolazione e iniziare a ricostruire una presenza politica forse in futuro autonoma, o testimoniare una protesta rimanendone fuori – fu risolto diversamente da persone ugualmente di buona fede. Sarebbe bene che le persone di buona fede, pur compiendo di nuovo scelte diverse, non si dividessero neppure ora, ma trovassero un momento di raccordo nello spiegare al Paese che c'è stata una guerra, che l'abbiamo persa – per colpa delle quinte colonne e dei traditori, da denunciare incessantemente, ma anche perché i «buoni» a lungo non l'hanno capita, e gli stessi passaggi finali, la cui inevitabilità era già evidente nell'estate del 2011, sono stati avviati con notevole ritardo – e che occorre operare perché una nuova classe politica s'impegni nella lunga, faticosa e dolorosa opera della diplomazia, della ricostruzione e forse domani perfino della rivincita. Come ha ricordato nel suo viaggio apostolico in Sardegna del 2008, Papa Benedetto XVI, contro il «nichilismo diffuso» (Omelia, Santuario della Madonna di Bonaria, 7-10-2008) la politica «necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile» (ibidem), così come necessita – come Alleanza Cattolica si permette di richiamare – di una rinnovata e corale «grande preghiera per l'Italia», che riprenda quella proposta dal beato Papa Giovanni Paolo II (1978-2005) nella Meditazione con i vescovi italiani presso la tomba dell'Apostolo Pietro il 15 marzo 1994. Fare tutto questo con un piede dentro o con entrambi i piedi fuori dai «governi Badoglio» – forse più di uno – che ci attendono non è irrilevante, ma non è l'elemento decisivo.
lunedì 24 ottobre 2011
Newsletter - n. 59
Da dove vengono i “principi non negoziabili”?
Bisogna risalire al Convegno della Chiesa italiana a Loreto, nel 1985, per comprendere qualcosa di quanto sta avvenendo all’interno del mondo cattolico italiano in margine all’incontro di Todi, dove lunedì 17 ottobre si sono riunite diverse associazioni convocate dalla sigla del Forum delle persone e associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro.
In quel Convegno, che avveniva sette anni dopo l’elezione al soglio di Pietro di Giovanni Paolo II, venne abbandonata la prospettiva della “scelta religiosa” che aveva caratterizzato l’operato della Chiesa italiana nel decennio precedente, successivamente al Convegno ecclesiale di Roma del 1975 su Evangelizzazione e promozione umana.
La “scelta religiosa” era una prospettiva che veniva da lontano, dalle forti polemiche contro Luigi Gedda (1902-2000), il Presidente dell’Azione Cattolica dal 1952 al 1959 e fondatore dei Comitati Civici, che contribuirono in modo significativo alla vittoria elettorale del mondo cattolico nelle elezioni del 18 aprile 1948. Durante la sua presidenza, gli si rivoltarono contro i due responsabili dei giovani di Aci, Carlo Carretto (1910-1988) e Mario Rossi (1925-1976), il primo sostenitore di un disimpegno dei cattolici dall’apostolato civile e politico di quel tempo, perché considerato funzionale alla destra, il secondo anticipatore della teologia della liberazione, in questo supportato dall’assistente ecclesiastico don Arturo Paoli. Le due crisi degli anni Cinquanta rientrarono ma furono l’espressione di un profondo disagio del mondo cattolico, come si capì parecchi anni dopo quando si scoprì che la maggioranza di quei dirigenti che se ne andarono con Carretto e Rossi (fra i quali c’era Umberto Eco) erano confluiti in movimenti e partiti della sinistra.
Così, negli anni Sessanta, in particolare dopo il famoso luglio 1960, quando a Genova venne impedita la celebrazione del Congresso del Msi con la violenza della piazza e quindi fatto cadere il governo guidato dal democristiano Fernando Tambroni (1901-1963), che si reggeva grazie ai voti missini, cominciò a prendere corpo il fatto che la polemica contro l’attivismo di Gedda nella conduzione dell’Aci da parte della cosiddetta “scelta religiosa” di fatto favoriva anche l’apertura ai partiti della sinistra, che si consumò con i governi di centro-sinistra, a partire dal 1961. Forse per questo Vittorio Bachelet (1926-1980), che sarà Presidente dell’Aci dal 1964 al 1973, preferiva parlare di una “scelta più religiosa” proprio per non generare equivoci, che invece ci furono.
Fu in questi anni, l’epoca successiva al Concilio Vaticano II (1962-1965), che scoppiò in tutto il mondo occidentale la rivoluzione culturale del 1968. La “scelta religiosa” dei movimenti cattolici si rivelò incapace di contrastare l’ondata della contestazione che infatti investì e devastò le associazioni del mondo cattolico, anche se proprio in questi anni vennero gettate le basi dei nuovi movimenti che caratterizzeranno il post Concilio e che di fatto cominceranno a dar vita alla nuova evangelizzazione. Si aprì così un periodo devastante che segnò gli ultimi dieci anni del pontificato di Paolo VI (1968-1978), segnati in particolare dalla contestazione del Magistero dopo la pubblicazione dell’enciclica Humanae vitae.
Ora, questo periodo, in cui i cattolici erano come scomparsi dalla scena pubblica, soprattutto a livello giovanile, cominciò a venire superato appunto a Loreto nel 1985, anche se fin dal primo discorso nel 1978, col suo celebre invito a “non aver paura di Cristo”, Giovanni Paolo II aveva cominciato a restituire l’orgoglio e la fierezza dell’essere cattolici e di appartenere alla Chiesa a una generazione timida e sbandata.
Dopo Loreto, nel 1986, cominciò con l’elezione del card. Camillo Ruini alla segreteria della Cei il cosiddetto “ruinismo”, cioè il periodo segnato dalla figura del card. Ruini, che diventerà anche Presidente della Cei e Vicario del Papa a Roma. A Loreto, papa Giovanni Paolo II disse che i cattolici non potevano essere subalterni e dovevano agire da protagonisti, cercando di animare cristianamente l’ordine temporale, come scrive il documento del Concilio sull’apostolato dei laici, Apostolicam actuositatem. Questa linea portò dapprima a un tentativo di cambiare la Dc, il partito d’ispirazione cristiana al governo del Paese con socialisti e partiti laici, poi, negli anni Novanta, dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine del Pci e della Dc in seguito a Tangentopoli, al disegno di dare vita a un movimento cattolico impegnato soprattutto in un’azione culturale, decisa in particolare dal Convegno ecclesiale di Palermo, nel 1995.
L’azione culturale dei cattolici italiani mirava e mira a rifare cristiano il tessuto della società e contemporaneamente a garantire l’Italia dall’introduzione di leggi aberranti in tema di bioetica che invece erano state approvate da quasi tutti i governi europei. La Nota dottrinale della Congregazione per dottrina della fede del 2002, il famoso discorso di Benedetto XVI a parlamentari del Partito popolare europeo il 30 marzo 2006, coniarono il termine “principi non negoziabili”, che peraltro era già entrato nella mentalità dei cattolici, almeno in una certa misura.
Esso costituì anche un approccio alla politica, diverso certamente dalla stagione della Democrazia cristiana.
Una delle critiche che vennero portate ai principi non negoziabili fu quella di ridurre l'impegno politico dei cattolici alla difesa di alcuni valori, per quanto importanti, invece di promuovere una cultura politica "generale". E' la stessa accusa lanciata contro il cosiddetto Patto Gentiloni del 1912, che prevedeva un accordo politico in vista delle elezioni del 1913 in base al quale i cattolici avrebbero votato quei candidati che avessero sottoscritto un eptalogo, cioè sette punti irrinunciabili per la dottrina sociale della Chiesa. Anche allora i democratici cristiani criticarono questo tipo di accordo perchè ritenuto espressione di una cultura subalterna verso il liberalismo.
Ma il problema principale non riguarda la collocazione politica bensì il fatto che i principi non negoziabili sono sorgivi e fondativi, come ha detto a Todi il card. Bagnasco. Essi stanno all'inizio e sostengono un progetto politico per il bene di una comunitá; senza di essi non si può parlare veramente di bene comune.
Appare così veramente singolare che qualcuno possa pensare di fondare l'unità fra i cattolici, senza partire dai principi non negoziabili, perchè soltanto questi ultimi sono veramente indiscutibili, mentre sul resto i cattolici possono avere opinioni diverse. Oltretutto, appare veramente singolare sostenere che la promozione dei principi non negoziabili non abbia conseguenze politiche. Pensate soltanto a come è cambiato il clima culturale quando cattolici e laici non cattolici hanno trovato un accordo nel Paese e in Parlamento per proporre la legge 40 che, pur non essendo rispettosa del diritto naturale in molti suoi aspetti, poneva dei limiti alla procreazione assistita, oppure quando hanno bocciato per due volte una legge sull'omofobia, oppure quando hanno affossato i Dico con la imponente manifestazione del family day. E si potrebbe continuare ...
Marco Invernizzi