venerdì 14 maggio 2010

Newsletter - n. 49

Care amiche, cari amici,
il 21 e il 22 maggio Joseph Nicolosi sarà in Italia per un convegno promosso da diverse associazioni, fra cui Alleanza Cattolica. La presenza nel nostro Paese del medico americano che da decenni pratica con successo la “terapia riparativa” nei confronti di uomini che sentono pulsioni omosessuali indesiderate sta suscitando reazioni profondamente negative. I suoi interventi e i suoi libri (tradotti in italiano da Sugarco e che possono essere richiesti a info@libreriasangiorgio.it), tuttavia, hanno suscitato tante speranze e risolto molte situazioni esistenziali.
La “terapia riparativa” pone tre problemi diversi eppure collegati. Cercherò di affrontarli in modo comprensibile a tutti, utilizzando un linguaggio il più semplice possibile.

1.
Il primo problema riguarda l’esistenza di una natura umana sessuata. Gli uomini nascono maschi o femmine e il loro orientamento sessuale è naturalmente orientato verso l’altro sesso? E coloro che provano un orientamento sessuale verso il proprio sesso devono questa condizione a traumi o a problemi legati all’educazione familiare, che possono essere affrontati e risolti appunto da una terapia riparativa, come spiega proprio Nicolosi facendo riferimento ai tanti casi affrontati nel corso della sua professione?
E’ fuori di dubbio che esista oggi nel mondo occidentale un violento attacco ideologico contro l’ultima differenza, quella fra il maschio e la femmina, in nome del rifiuto dell’esistenza di una natura data, che l’uomo trova e deve rispettare se vuole sviluppare la propria umanità. Ed è anche indubbio che chiunque si opponga e denunci questo attacco, venga accusato di omofobia, cioè di essere nemico della libertà di scegliere qualsiasi cosa per sé e per il proprio orientamento sessuale. Accade così una cosa singolare: tutti devono avere il diritto di proporre come normale qualsiasi orientamento sessuale (gay, lesbiche, bisessuali o transessuali) perché desiderato da qualcuno, ma questo stesso diritto viene negato a chi invece sostiene che esista una natura sessuata, cioè che si nasce maschi o femmine. Così, in pratica, viene contestato il diritto di proporre l’esistenza di una verità sulla persona, scritta nel cuore dell’uomo da chi lo ha creato, e riscontrabile nella natura. Senza Dio tutto è possibile, scriveva Fëdor Michajlovič Dostoevskij.

2.
Il secondo problema riguarda appunto la libertà. Coloro che provano pulsioni omosessuali indesiderate hanno il diritto di chiedere (in particolare agli psicoterapeuti) di essere aiutati a recuperare una eterosessualità che desiderano, senza essere costretti a diventare gay, lesbiche, bisessuali o transessuali, cioè senza diventare militanti di una causa che non vogliono servire? Non è che l’astio, la violenza con cui questo diritto viene osteggiato nell’ambiente degli psicologi e dei psicoterapeuti, e anche dei medici in generale, sia l’espressione di un rifiuto ideologico dell’esistenza di una realtà, la natura sessuata della persona, che non vogliono accettare e accogliere?

3.
Di conseguenza esiste un problema terapeutico, cioè del diritto a una terapia richiesta. Perché coloro che provano desideri omosessuali devono poter essere aiutati a esternare questa loro condizione (coming out, si chiama) e non possono essere aiutati a superare una condizione che non desiderano?
Si pone così un grave problema di libertà, da parte del singolo che richiede la terapia riparativa e da parte dello psicoterapeuta che intende esercitarla. Per quale motivo Nicolosi e chi come lui intende continuare sulla strada della terapia riparativa diventa oggetto di odio e di contestazione senza confronto?

Io credo che il convegno con Nicolosi del 21 e 22 maggio possa essere l’occasione per affrontare e superare dubbi, incertezze e fraintendimenti a proposito della terapia riparativa. Purché le proposte di Nicolosi vengano ascoltate e accolte senza pregiudizi ideologici.

Marco Invernizzi